Operazione Free credit – Falsi crediti d’imposta per 440 milioni di euro , sismabonus e bonus facciate

Operazione Free credit - Maxi frode per 440 milioni di euro di falsi crediti locazioni, sismabonus e bonus facciate
Falsi crediti d’imposta- Scattono le denunce all’Autorità Giudiziaria

 

Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dalla Procura della Repubblica di Rimini, con il supporto di 44 Reparti territorialmente competenti, nonché della componente aerea del Corpo, del supporto tecnico dello S.C.I.C.O e del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche, per un totale di oltre 200 militari, hanno dato avvio, alle prime luci dell’alba, ad una vasta operazione di polizia in Emilia Romagna ed in contemporanea in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto.

In queste ore le Fiamme Gialle stanno eseguendo un provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Rimini con cui sono state disposte 35 misure cautelari personali di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari nonché 23 interdittive di cui 20 all’esercizio di impresa nei con-fronti di altrettanti imprenditori e 3 all’esercizio della professione nei confronti di altrettanti commercialisti, in quanto ritenuti componenti di un articolato sodalizio criminale con base operativa a Rimini ma ramificato in tutto il territorio nazionale, responsabile di aver creato e commercializzato per 440 milioni di euro falsi crediti di imposta, introdotti tra le misure di sostegno emanate dal Governo con il decreto rilancio (D.L. 34/2020), durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà.

In atto 80 perquisizioni ed il sequestro dei falsi crediti, di beni e assetti societari per il reato di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato. Tra loro, in 9 avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza e 3 avevano precedenti di polizia per associazione a delinquere di stampo mafioso.

L’associazione a delinquere, che secondo l’ipotesi investigativa è composta da 56 soggetti che si sono avvalsi di 22 prestanomi, ha un nucleo centrale di 12 persone, oggi sottoposti a misure cautelari custodiali, tra imprenditori e commercialisti.

L’indagine del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria trae origine da un attento esame della documentazione relativa ad una presunta “cessione di crediti d’imposta”, effettuata da una società coinvolta in altro procedimento penale per reati fallimentari. L’analisi sull’origine dei crediti effettuata tramite l’utilizzo delle banche dati operative in uso al Corpo incrociata con le indagini sul campo e la valorizzazione delle segnalazioni per operazioni sospette, ha consentito di appurare che gli stessi erano inesistenti per carenza di requisiti. Da lì è nato il nuovo filone investigativo che fin dallo scorso mese di giugno ha consentito il monitoraggio dell’organizzazione criminale fin quasi dalla sua genesi e in tutti i passaggi di sviluppo, verificando come la stessa fosse totalmente dedicata alla crea-zione e commercializzazione di falsi crediti di imposta, successivamente monetizzati cedendoli a ignari acquirenti estranei alla truffa, portati in compensazione con conseguente danno finale alle casse dello Stato.

Gli esiti investigativi, suffragati dagli accertamenti bancari e dai dati pervenuti dall’Agenzia delle Entrate di Rimini e dalla Sogei S.p.A., hanno consentito di riscontrare l’esistenza del sopra menzionato sodalizio criminale, che ha operato secondo il seguente iter criminis comune alle tre casistiche di crediti d’imposta fittizi generati (Bonus locazioni, Sismabonus e Bonusfacciate):

  • tramite professionisti compiacenti, reperire società attive in grave difficoltà economica o ormai decotte, utili alla creazione degli indebiti crediti d’imposta;
  • sostituire il rappresentante di diritto di tali società con un prestanome, da cui ottenere le credenziali per poter inserire le comunicazioni di cessioni crediti nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, così da avere uno schermo in caso di futuri accertamenti;
  • inserire le comunicazioni dichiarando di aver pagato canoni di locazione superiori agli effettivi (persino oltre il 260.000%) o effettuato lavori edili mai iniziati, così da generare crediti di imposta non spettanti;
  • cedere i crediti d’imposta a società compiacenti e dopo il secondo passaggio a società terze inconsapevoli, così da rendere più difficile la ricostruzione.

Neppure le recenti modifiche normative introdotte dal c.d. decreto antifrode n. 157/2021 hanno scoraggiato i membri dell’organizzazione criminale, che ha continuato a perpetra-re la truffa. Il profitto dei reati è stato:

  • investito in attività sia commerciali che immobiliari (subentro nella gestione di ristoranti, acquisto di immobili e/o quote di partecipazioni societarie);
  • veicolato, attraverso una fatturazione di comodo, verso alcune società partenopee per essere monetizzate in contanti;
  • trasferito su carte di credito ricaricabili business, con plafond anche di 50.000 euro e prelevato in contanti presso vari bancomat;
  • impiegato per finanziarie società a Cipro, Malta, Madeira;
  • convertito in cripto valute;
  • investito in metalli preziosi ed in particolare nell’acquisto di lingotti d’oro.

In fase di esecuzione dei sequestri, ritenendo plausibile che alcuni indagati potessero fa-re ricorso a botole e intercapedini in cui custodire contanti e preziosi, sono stati impiegati i c.d. “cash dog”, unità cinofile addestrate a fiutare l’odore dei soldi.

 

Petrolio “fantasma”: la Finanza disarticola un’organizzazione criminale che cedeva petrolio “in nero” nelle varie regioni

 

 

 

Siamo arrivati al contrabbando di petrolio E’ scattata così oggi alle prime ore del mattino l’operazione, condotta dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Asti, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, con il supporto di Reparti della Liguria, Lazio, Abruzzo, Campania e Calabria, la quale ha disarticolato un’organizzazione criminale composta da un “broker astigiano” e da imprenditori romani, napoletani e calabresi che, allo stato delle emergenze investigative e fatte salve le successive valutazioni di merito, si è resa responsabile di aver fittiziamente esportato gasolio per autotrazione in realtà destinato ad essere ceduto “in nero” all’interno del territorio nazionale in totale evasione d’imposta.

Il contrabbando del prodotto petrolifero veniva realizzato mediante la costituzione di una società a responsabilità limitata fittizia (cartiera) utilizzata quale formale destinataria di prodotto petrolifero di proprietà di una società ubicata negli Emirati Arabi Uniti e stoccato presso il deposito doganale di Vado Ligure (SV).

La medesima  SRL provvedeva alla falsa esportazione presentando allo spedizioniere apposita documentazione che attestava la cessione via terra transitando dalla Croazia ad una società albanese (anch’essa inesistente), del prodotto estratto dal deposito doganale di Vado Ligure.

L’operazione doganale veniva chiusa tramite l’invio allo spedizioniere di documentazione artefatta la quale attestava la destinazione in Albania, passando dal “corridoio di Neum”, la striscia di terra lunga 9 km, territorio della Repubblica di Bosnia-Erzegovina, che separa in due parti il territorio della Repubblica di Croazia; territorio che per la particolare conformazione geografica e politica prevede peculiari procedure semplificate.

L’organizzazione criminale, per chiudere formalmente la bolletta doganale all’esportazione, non potendo presentare documenti attestanti l’effettiva uscita dal territorio UE del gasolio per autotrazione con visto rilasciato delle autorità doganali croate, e potendo presentare, a tale fine prove alternative, ha dichiarato che il prodotto petrolifero è transitato nel territorio di Neum senza essere stato oggetto di controlli doganali in uscita, consentendo così la definizione della procedura doganale.

In contemporanea con l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale disposti dall’Autorità Giudiziaria astigiana (4 ordinanze custodia cautelare in carcere, 3 ai domiciliari e 2 obblighi di presentazione alla P.G.) sono stati sottoposti a sequestro preventivo per equivalente 3 motrici, 3 rimorchi oltre a quote societarie ed un automezzo per un valore di € 180.000 pari all’accisa ed all’IVA evase nel corso di 6 spedizioni di prodotto.

L’operazione “Petrolio Fantasma” della Guardia di Finanza di Asti, condotta nel solco delle puntuali indicazioni dell’Autorità Giudiziaria astigiana, è significativa della costante e continua azione di polizia economico/finanziaria rivolta alla ricerca e repressione dei più gravi crimini di contrabbando e frode fiscale allo scopo di prevenire e contrastare l’evasione fiscale ed arginare l’inquinamento del mercato e favorire la libera concorrenza, con l’intento di ripristinare adeguati livelli di legalità e tutelare la sana imprenditoria.

 

Blitz antidroga Carabinieri nel palermitano, custodia cautelare per 22 indagati

 

Arresto per pochi grammi di droga: giusto non convalidarlo se l'indagato è  incensurato e collaborativo | Quotidiano Giuridico
Droga
 Palermo – 
Nelle prime ore di stamattina, a Carini, Palermo, Isola delle Femmine, Capaci, Terrasini, Borgetto, Enna e Finale Emilia (MO), i Carabinieri della Compagnia di Carini hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dall’Ufficio GIP del Tribunale di Palermo, sulla base delle risultanze investigative raccolte nel corso di un’indagine coordinata dalla D.D.A. della Procura della Repubblica di Palermo, nei confronti di 22 soggetti (8 in carcere, 9 agli arresti domiciliari, 5 all’obbligo di presentazione alla P.G.), nei cui confronti sono state attribuite, a vario titolo, responsabilità penali in ordine alle ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, di spaccio e di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.
L’indagine è stata avviata dai Carabinieri di Carini nel luglio 2018 quando ignoti, in due diverse circostanze, ferivano due equini (di cui uno in modo mortale) all’interno di una stalla ubicata in Torretta (PA). L’azione, fin dalle prime ricostruzioni investigative, è parsa subito riconducibile a controversie connesse col traffico di stupefacenti insorte tra soggetti dell’area di Carini. L’attività investigativa condotta ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza circa l’esistenza di due distinti sodalizi criminali, riconducibili ai proprietari dei due equini feriti, dediti alla cessione, acquisto, trasporto, commercio, vendita ed illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, marijuana e hashish nei Comuni di Carini, Isola delle Femmine, Capaci, Cinisi e Terrasini. 

Durante l’attività di indagine erano già stati arrestati in flagranza di reato 12 persone e deferiti in s.l. altri 2 soggetti per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’indagine erano già stati sequestrati circa 3,3 kg di hashish, 0,7 kg di cocaina e 0,6 kg di marijuana, nonché la somma in denaro contante pari a 5.330 euro.

Operazione EFESTO, arresti in Sicilia per traffico illecito di rifiuti

Carabinieri: chi sono e che cosa fanno - CM Junior
Operazione Efesto- Un controllo dei Carabinieri sul territorio

 

PALERMO
Nelle prime ore della giornata odierna i militari del Comando Provinciali dei Carabinieri di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare reale (sequestro preventivo ex artt. 321 c.p.p e 452 quaterdecies, comma 5, c.p.) emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Palermo, nel corso dell’indagine preliminare diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo nei confronti di due società con sede in Palermo e Carini (PA) operanti, rispettivamente, nel settore del recupero per il riciclaggio e nel commercio all’ingrosso di rottami metallici, poiché coinvolte nella ricettazione di materiali metallici di provenienza delittuosa (art. 648 c.p.) e traffico illecito di rifiuti (art. 452 quaterdecies  c.p.).
Sequestrati, inoltre, beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 1.100.000 euro.
Il provvedimento scaturisce da articolata attività investigativa iniziata nel giugno 2017 e conclusasi nel mese di giugno 2019 e condotta dalla Compagnia Carabinieri di Cefalù (PA)
In particolare, l’attività investigativa permetteva di raccogliere gravi indizi di colpevolezza, sostanzialmente accolti nel provvedimento cautelare,  a carico delle citate due società, aziende leader in Sicilia nel settore della rottamazione dei metalli, e ritenute presunto punto di riferimento per una moltitudine di soggetti con precedenti penali specifici per reati contro il patrimonio, i quali, giornalmente, si sarebbero recati presso le aziende predette per conferire materiale metallico provento di furto o, comunque, di provenienza illecita.
La polizia giudiziaria, nel complesso, ha documentato presunte cessioni di materiali per un corrispettivo di 2 milioni di euro circa. La sintesi investigativa permetteva, in taluni casi, di monitorare l’intero illecito iter che, partendo dai furti commessi ai danni di privati o di aziende di pubblica utilità (come nel caso della società Enel), si concludeva con il conferimento presso gli stabilimenti delle aziende coinvolte nelle indagini, attraverso ricettatori intermediari. Successivamente, tale materiale sarebbe stato oggetto di vendita ad altri gruppi commerciali compiacenti di maggiori dimensioni. con base a Roma e Bologna, ed operanti su tutto il territorio nazionale ed estero. 
Gli ulteriori accertamenti eseguiti sulla documentazione amministrativo-contabile permetteva di individuare prima facie la quantità di materiale ferroso oggetto del reato e, successivamente, di quantificare l’ingiusto profitto derivante dalle vendite in nero.    Le indagini condotte hanno portato al sequestro per equivalente, sino alla concorrenza di 1.095.863 euro, delle disponibilità finanziarie rinvenute in capo alle imprese coinvolte ed ai loro amministratori e soci, nonché delle due società e dei beni facenti parte del patrimonio aziendale.
Al fine di assicurare la continuità dell’attività imprenditoriale e salvaguardare i posti di lavoro, l’Autorità Giudiziaria ha affidato la gestione delle due società ad un amministratore giudiziario.

Operazione “Piramide”: Agrigento e Caltanissetta, piazze di droga “liberate” dai Carabinieri che procedono a 26 misure cautelari

Agrigento: carabinieri liberano la piazza della droga – SUD LIBERTA’

AGRIGENTO

Operazione antidroga dei Carabinieri  in corso tra le province di Agrigento e Caltanissetta. I l Comando provinciale di Agrigento sta  notificando 26 ordinanze cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di detenzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, cocaina e hashish in maniera particolare.

IL coordinamento è svolto dal   Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e del sostituto Gloria Andreoli. Le misure sono state firmate dal gip Stefano Zammuto. 

Sette indagati, in esecuzione del provvedimento del gip del tribunale di Agrigento, sono stati posti agli arresti domiciliari, due dei quali con l’applicazione del “braccialetto elettronico”. Ad altri 19 è stata applicata un’ordinanza di divieto di dimora. L’operazione antidroga, denominata «Piramide», dei carabinieri del nucleo Operativo e Radiomobile è stata realizzata fra Agrigento, Canicattì, Racalmuto, Grotte, Favara, e i comuni di Gela e San Cataldo nel nisseno. 

Si apprende pure dagli investigatori che sono  sette gli arrestati dell’operazione «Piramide», messa a segno dai carabinieri, fra le province di Agrigento e Caltanissetta: C.S di 31 anni di Canicattì; A.I. di 63 anni di Racalmuto; R.M.S. di 40 anni di Gela; V.S. di 45 anni di Favara; P.S.B. una donna di 38 anni di Favara; B.C. di 50 anni di Grotte e T.G. di 42 anni di Racalmuto. Gli altri 19 soggetti, residenti ad Agrigento, Racalmuto, San Cataldo, Grotte e Canicattì, sono stati invece sottoposti al divieto di dimora nella provincia di Agrigento. 

Definita «Piramide» per via della struttura verticistica creatasi tra i vari pusher, collaboratori di questi ultimi e gli acquirenti. L’attività investigativa, coordinata dal maggiore Marco La Rovere che è a capo della compagnia dell’Arma di Agrigento, è stata avviata per contrastare il massiccio flusso di cocaina che dalla provincia giungeva sulle piazze di spaccio di Agrigento.

La piazza   della droga si svolgeva con quantitativi che si aggiravano tra i 50 ed i 100 grammi, sia al dettaglio con la vendita di singole dosi. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati consistenti quantitativi di droga: circa 2 chili di cocaina e 4 di hashish. Infine si registrano  anche 5 arresti in flagranza e 2 denunce, oltre a numerose segnalazioni amministrative. Il valore dello stupefacente sequestrato ammonta a circa 100 mila euro. I fermati sono stati condotti in carcere…

Operazione Red drug – Sgominata organizzazione criminale operante in Sicilia, Lazio ed Abruzzo

Operazione Red drug - Sgominata organizzazione criminale operante in Sicilia, Lazio ed Abruzzo

LA  GUARDIA DI FINANZA INGINOCCHIA COMPONENTI BLASONATI DEI  CLAN SPARTA’   (A MESSINA ) E SANTAPAOLA-ERCOLANO (CATANIA)

 

Messina e Catania: simbiosi criminale.Dalle prime luci dell’alba, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, con la collaborazione ed il supporto di personale dello S.C.I.C.O. di Roma (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), su disposizione della Procura della Repubblica di Messina, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 soggetti, indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Nel dettaglio, l’attività investigativa, svolta dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina e dello S.C.I.C.O. di Roma, ha consentito di porre in luce e disarticolare una consorteria criminale operante nel capoluogo peloritano ed in quello etneo, con propaggini a Roma e a Pescara, dedita alla commercializzazione di elevati quantitativi di sostanze stupefacenti, nonché di sottoporre a sequestro, in due distinti interventi repressivi, oltre 65 Kg. di marijuana.

Nonostante le restrizioni previste dalle autorità di Governo durante il periodo del lockdown, quando a tutti era precluso qualsiasi spostamento per la “zona rossa”, da qui il nome dell’operazione, i soggetti indagati si muovevano indisturbati, trasportando e distribuendo importanti partite di sostanze stupefacenti. Al riguardo, per raggiungere l’illecito obiettivo, oltre a fare ricorso ai consueti metodi di mascheramento delle comunicazioni, sfruttavano cinicamente la fase emergenziale e la purtroppo frequente presenza, per quel periodo, di ambulanze che attraversavano le vie delle nostre città.

Promotori ed organizzatori della consorteria criminale sono risultati essere il pregiudicato messinese S.G. cl. 88, contiguo al clan mafioso messinese SPARTÀ, ed i pregiudicati catanesi S.C. cl. 77 e L.P. cl. 68, contigui alla famiglia “Nizza”, facente parte del clan mafioso catanese SANTAPAOLA-ERCOLANO. Sodali del gruppo i messinesi F.G. cl. 75 e M.F. cl. 81, oltre al brontese A. M. cl. 73 i quali, in qualità di corrieri di droga, curavano l’approvvigionamento e la distribuzione, in Abruzzo e Sicilia, delle partite di narcotico, principalmente del tipo marijuana, fornite da un pregiudicato di origini messinesi ma domiciliato a Roma, F.F. alias Gianpiero cl. 60.

Le indagini svolte, dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina e consistite in complesse intercettazioni telefoniche, ambientali e tipiche di polizia giudiziaria, rese ancora più difficoltose dal particolare momento storico connesso alla pandemia da COVID19, hanno tuttavia consentito di ricostruire tutte le fasi dell’illecito traffico: dalla pianificazione dell’approvvigionamento al trasferimento di ben tre carichi di sostanze stupefacenti, uno dei quali destinato a Pescara e due in Sicilia. Nel dettaglio, nel febbraio di quest’anno, le indagini permettevano alle Fiamme Gialle di ricostruire la consegna di un primo carico di circa 25 chilogrammi di sostanza stupefacente destinata a Pescara, a favore del pregiudicato S.M. cl. 72, elemento di spicco del noto clan pescarese SPINELLI di etnia rom.

La partita di droga veniva procacciata dai siciliani S.C. e S.G., trasportata dai corrieri F.G. e M. F. e fornita dal romano F F. alias Gianpiero. Un secondo carico, di circa 30 chilogrammi di sostanza stupefacente di tipo marijuana, questa volta da far recapitare a Messina, sempre su input dei narcotrafficanti siciliani S. G., S. C. e L.P., veniva nuovamente commissionato ai “corrieri” messinesi F.G. e M.F., a Roma, dal medesimo fornitore F.F. alias Gianpiero. In entrambe le occasioni, per il trasporto dei due carichi di droga – a Pescara e a Messina – per eludere i controlli di Polizia, intensificati dalle misure restrittive per l’epidemia da Covid 19, l’organizzazione indagata utilizzava un’autoambulanza, riferibile ad una onlus messinese.

Proprio in tale occasione, non avendo notizie del corriere ed ipotizzando come questi fosse fuggito con l’illecito carico, a riprova della caratura criminale degli odierni arrestati, i sodali in attesa manifestavano l’intenzione di adottare, nell’eventualità, un’azione sanguinaria nei confronti dei familiari del corriere: “ci ammazziamo la famiglia direttamente…saliamo la e lo scotoliamo”… “che gli sia passato per la testa che si poteva vendere quel coso e se ne scappa con i soldi….gli ammazziamo la mamma, la sorella, i figli, la moglie…che ha figli…moglie?…che ha?….gli sequestriamo la famiglia qua..”. Una quindicina di giorni dopo, quindi, nonostante l’intervento repressivo eseguito, i narcotrafficanti siciliani non demordevano, organizzando un terzo carico, di circa 35 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, sempre da recapitare in Sicilia e sottoposto a sequestro allo sbarco allo scalo commerciale di Tremestieri a Messina.

La sostanza stupefacente veniva recuperata dal medesimo fornitore romano F. F. (Gianpiero) e trasportata, fino al capoluogo peloritano, da due corrieri catanesi, A. M. cl. 73 e P. S. cl. 74 che, nell’occasione, si servivano questa volta di un autoarticolato per il trasporto di alimenti. Anche tale espediente, tuttavia, non gli consentiva di portare a compimento l’illecito disegno criminoso. In sintesi, le odierne indagini, oltre ad aver represso un lucroso traffico di droga sull’asse Roma-Pescara-Messina, hanno l’importante risvolto di aver documentato un consolidato e stabile collegamento criminale fra il noto clan pescarese SPINELLI di etnia rom (imparentato con i noti potenti clan romani di etnia rom dei Casamonica e degli Spada che, dagli anni 90 ad oggi, sono balzati agli onori della cronaca per i collegamenti con diverse organizzazioni criminali quali la ‘ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita e la criminalità di stampo albanese, soprattutto per quanto attiene il traffico di sostanze stupefacenti) ed esponenti contigui ai noti e blasonati clan siciliani “SPARTÀ” di Messina e “SANTAPAOLA-ERCOLANO” di Catania.

Peraltro, gli stessi principali partecipi del gruppo criminale oggi represso, oltre alle segnalate contiguità con gruppi mafiosi, risultavano ampiamente noti alle cronache giudiziarie per gravi comportamenti di rilevanza penale: il pluripregiudicato catanese S.C., per essere risultato protagonista di numerosissime rapine in trasferta, nel nord Italia, così come il pescarese S.M., per plurimi coinvolgimenti in diverse vicende giudiziarie, attinenti importanti traffici di sostanze stupefacenti, ipotesi di riciclaggio, ricettazione etc. Le attività, che vedono l’impiego di circa 100 Finanzieri, sono in corso di esecuzione, ad opera delle unità specializzate antidroga del G.I.C.O. di Messina, nonché del personale dello S.C.I.C.O. della Guardia di Finanza di Roma, con il supporto delle unità cinofile e dei Reparti territoriali del Corpo competenti per territorio e della Sezione Aerea del Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, a Messina, Catania, Pescara e Roma. Con l’operazione odierna, il Tribunale, la Direzione Distrettuale Antimafia e la Guardia di Finanza di Messina, nonché lo S.C.I.C.O. di Roma, oltre ad assicurare alla giustizia soggetti dediti alle attività di narcotraffico, hanno recuperato un ampio spazio di legalità, restituendolo alla collettività onesta.

VIDEO    G.DI FINANZA

 

 

La gran parte dei reperti archeologici è venduta all’estero dalla Puglia e dalla Basilicata

IL MONITORAGGIO DEI CARABINIERI HA PERMESSO IL RECUPERO DI 1181 REPERTI ARCHEOLOGICI DEL IV-II SEC.a.c..

Un anno di indagini sulle opere d'arte rubate: 53 persone denunciate, ma 8  nuovi colpi messi a segno - Il Secolo XIX
Foto Archivio Sud Libertà
Il Nucleo Carabinieri TPC di Bari, nell’ambito delle numerosissime attività investigative avviate sui territori di Puglia e Basilicata e spesso conclusesi in altre regioni italiane o all’estero, ha restituito nel 2020, al patrimonio culturale nazionale, beni archeologici, antiquariali e di arte contemporanea che rischiavano di essere definitivamente dispersi. Le attività delinquenziali connesse ai beni culturali, infatti, hanno sì risentito della crisi pandemica, ma hanno trovato un florido sbocco nel commercio illecito a mezzo e-commerce.    
Sotto l’aspetto repressivo, le investigazioni a contrasto delle aggressioni al patrimonio culturale pugliese e lucano concluse lo scorso anno, hanno consentito il deferimento all’Autorità Giudiziaria di 90 persone per i reati di ricettazione, violazioni in materia di ricerche archeologiche, detenzione di materiale archeologico, contraffazione di opere d’arte, violazioni in danno del paesaggio ed altre tipologie di reati previste dal Codice dei beni Culturali e del paesaggio e dal Codice Penale. 
28 sono state le perquisizioni domiciliari e locali eseguite a seguito degli esiti investigativi delle indagini.
Nell’arco dei dodici mesi sono stati complessivamente sequestrati 1.329 beni (contro i 531 del 2019), di cui 126 di tipo antiquariale, archivistico e librario, 19 reperti paleontologici, 1.181 reperti archeologici e 3 opere d’arte contraffatte, per un valore economico stimato in € 1.530.000 per i beni autentici e di € 7.000 per quelli contraffatti, qualora immessi sul mercato come originali. 
Particolare impulso è stato dato alla tutela delle aree archeologiche. Infatti, il fenomeno che ancora oggi minaccia maggiormente il patrimonio culturale in Puglia e in Basilicata è sicuramente lo scavo clandestino che alimenta un traffico di importanti proporzioni, intorno al quale ruotano enormi interessi economici e commerciali.
E’ da queste due regioni, del resto, che gran parte dei reperti archeologici nazionali (spesso di inestimabile valore storico-culturale) vengono illecitamente trasferiti e venduti all’estero. In tale quadro, nel 2020, sono state adottate misure tese all’identificazione sia dei diretti responsabili degli scavi clandestini che dei fruitori dei beni archeologici estirpati dal territorio. Le molteplici iniziative investigative hanno consentito il deferimento all’Autorità Giudiziaria di 6 persone per lo specifico reato di scavo clandestino.
L’attento monitoraggio di siti e-commerce ormai divenuti, come detto, canale preferenziale per la compravendita di arte, ha permesso il recupero di 1.181 reperti archeologici databili IV- II sec. a.C. dei quali 871 monete di natura archeologica e il contestuale deferimento all’Autorità Giudiziaria di 66 persone per impossessamento e detenzione illecita di beni culturali appartenenti allo Stato.  

Marsala: scoperta bisca clandestina, un arresto e 14 sanzionati

Tre sale scommesse clandestinenel Casertano: c'è pure circolo culturale -  Il Mattino.it

Marsala: 15 persone all’interno di una privata abitazione sono stati sorpresi dai Carabinieri intenti in attività di gioco d’azzardo e scommesse tramite utilizzo di carte.
Vediamo il fatto.I Carabinieri della Stazione di Petrosino e del NORM di Marsala, impegnati in servizio di intensificazione del controllo del territorio durante festività pasquali, con l’ausilio di personale specializzato nel pilotaggio di droni hanno individuato, intorno alle ore 19 circa quando ancora la luce del sole permetteva una nitida visibilità, un’abitazione dove dall’alto si notava una gran quantità di auto parcheggiate e persone che entravano ed uscivano dall’edificio.
Giunti sul posto in pochi attimi, gli equipaggi intervenuti, hanno potuto constatare la presenza di 15 persone che giocavano a carte  e scommettevano in un luogo adibito in tutto e per tutto a sala giochi, con tanto di registratore di cassa e turni di gioco ben scanditi che sarebbero durati tutta la serata come accertato dall’analisi dei block notes ritrovati nella sala .
Il proprietario di casa, nonché organizzatore, è stato deferito all’Autorità Giudiziaria dai Carabinieri per il reato di esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa, mentre i partecipanti sono stati sanzionati  per violazione normativa contenimento Covid-19. 
Oltre ai block notes, sono stati sequestrati a fini probatori personal computer, vari mazzi di carte e denaro contante, suddiviso in banconote di piccolo taglio, pari ad euro 142,00 custodito interno registratore di cassa.

Colpito dalle Fiamme gialle il Capo boss referente di Scordia Rocco Biancoviso -di alta pericolosità sociale- legato al Clan dei Capi Santapaola-Ercolano

 

 

Sequestro di beni ingenti – 10 milioni di euro delle Fiamme gialle  del comando provinciale di Catania a Rocco Biancoviso, ritenuto  come il Capo referente a Scordia     dal Clan mafios o Santapaola-Ercolano e accusato di avere gestito, per conto del clan, le estorsioni ad imprenditori

Il provvedimento, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Catania su richiesta della locale Dda, si basa su indagini del Gico del Nucleo Pef delle Fiamme gialle di Catania. Nell’ambito dell’operazione ‘Caimano’, sigilli sono stati posti a supermercati, terreni, villa con piscina, disco pub e auto di lusso per un valore complessivo di 10 milioni di euro.

Il boss Biancoviso, già destinatario di due ordinanze di custodia cautelare in carcere per la sua partecipazione, quale referente per il territorio di Scordia, all’associazione a delinquere di tipo mafioso denominata clan “Santapaola-Ercolano”, ritenuto dagli investigatori di alta pericolosità sociale; dall’altro, la sproporzione tra il profilo reddituale del nucleo familiare che in alcune annualità ha dichiarato redditi pari a zero, e il complesso patrimoniale, composto da terreni, da una villa con piscina e dalle disponibilità finanziarie riconducibili al proposto, anche se intestate ai familiari
(come il disco pub “Eden”, di cui risulta proprietaria la moglie).

Nel dettaglio il Tribunale ha disposto la confisca dei seguenti beni a Scordia, alcuni dei quali già sottoposti a sequestro: nove terreni, otto fabbricati, due auto, compresa una Porsche Cayman, circa 66 mila euro in contanti e quote sociali e relativi compendi aziendali di due società proprietarie di altrettanti supermercati. “L’attività delle Fiamme gialle di Catania – sottolinea in una nota la Procura distrettuale etnea – si inserisce nel più ampio quadro delle azioni svolte da questo Ufficio e dalla Guardia di Finanza volte al contrasto sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni a delinquere di tipo mafioso, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale, e di partecipazione al capitale di imprese sane, anche profittando delle difficoltà legate al periodo di contrazione economica”.

Operazione “Schiticchio”: la Guardia di Finanza disarticola sodalizi criminali e sequestra beni per oltre 150 milioni di euro

Palermo

 Provvedimento di sequestro patrimoniale del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia –  nei confronti di un noto imprenditore operante nel settore della grande distribuzione alimentare, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito dai finanzieri del Comando Provinciale di Palermo.

Nell’imponente operazione sono stati impegnati oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo che hanno cautelato un rilevante compendio aziendale, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e autovetture, anche di lusso.

Oggetto del sequestro  una società, con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che, come disposto nel citato provvedimento, viene contestualmente affidata ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo, con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per preservare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e della stessa utenza.

La ricostruzione operata dalla Procura della Repubblica- D.D.A. e accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, ha consentito di evidenziare il proposto, pur essendo incensurato, sia da ritenere un imprenditore colluso alla criminalità organizzata, posto che il medesimo, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra.

Si apprende che gli investigatori hanno dovuto analizzare e riscontrare le precise e puntuali dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, nonché valorizzare in chiave unitaria le risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali; tale complessa ricostruzione ha consentito di evidenziare strutturati contatti del proposto con la famiglia mafiosa di Bagheria, e far emergere i vantaggi “imprenditoriali” di cui ha potuto beneficiare nel tempo.

Alla luce delle penetranti investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, il Tribunale ha ritenuto ricorrenti gli elementi per ritenere il proposto un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, alla luce della vicinanza con esponenti di vertice della consorteria bagherese, grazie alla quale l’imprenditore “colluso” è riuscito a: espandersi economicamente nel settore, acquisendo, avvalendosi di interventi di “Cosa nostra”, ulteriori attività commerciali; scoraggiare la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento; risolvere controversie sorte con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando peraltro di una dilazione nei   pagamenti;evitare il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione mafiosa della locale famiglia, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane di “Cosa nostra”.

In una logica di reciproco vantaggio, il proposto ha remunerato con ingenti somme gli esponenti mafiosi, assumendo anche loro familiari nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento in momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale dell’attività imprenditoriale.

Inoltre, le ricostruzioni operate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno consentito agli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo di valorizzare anche la disponibilità manifestata dal proposto alla consorteria mafiosa di Bagheria di un appartamento per dare rifugio ad un mafioso di grosso calibro nell’ultimo periodo della latitanza.

Infatti proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore della società attiva nella grande distribuzione, si è registrato una crescita esponenziale della società, che si è trasformata dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019.

Tenendo conto della ricostruita risalente vicinanza al sodalizio criminale, il Tribunale ha disposto il sequestro dell’intera attività imprenditoriale svolta dal proposto – qualificata come impresa mafiosa – e di tutto il patrimonio nella sua disponibilità.

Oltre al sequestro dell’interno compendio aziendale e delle quote sociali della citata società, sono stati cautelati e parimenti affidati ad un amministratore giudiziario affinché li gestisca nell’interesse della collettività: 7 immobili di cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo; 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative; 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan.

Continua l’azione che la Guardia di Finanza palermitana svolge, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo, a contrasto dei patrimoni di origine illecita con la duplice finalità di disarticolare in maniera radicale le organizzazioni criminali e di liberare l’economia legale da indebite infiltrazioni della criminalità consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza.