VITALIZI: LA SICILIA NON SI ALLINEA, COMMISSIONE ARS APPROVA TAGLIO (RIDICOLO) DEL 9%

    DEPUTATI DELLA REGIONE SICILIA-ASSEMBLEA SICILIANA :  VERGOGNA

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PALERMO

La Sicilia non si allinea. La riduzione di entità ridicola dei vitalizi dei parlamentari si rivela una beffa e uno schiaffo alla condizione di arretratezza e minore sviluppo del Sud, Sicilia compresa   L’interesse privato di arricchimento personale prevale nella Regione Sicilia sull’interesse pubblico e generale.    E’ una vera indecenza La commissione speciale dell’Assemblea siciliana istituita per la riduzione dei vitalizi ha approvato il disegno di legge che prevede-paradossalmente –un taglio lineare di circa il 9%. Hanno votato contro i due deputati del M5s.

Adesso il testo dovrà passare al vaglio dell’Aula, a Sala d’Ercole. “Alla fine la farsa è servita – commentano il capogruppo M5S all’Ars Francesco Cappello e le deputate Angela Foti e Jose Marano, componenti della commissione vitalizi –. La casta è riuscita a tutelare se stessa, approvando tagli dei vitalizi ridicoli e pure temporanei. E questo con la complicità di tutti i partiti, compreso quello di Musumeci. Lo spieghino ora ai siciliani, che finora non hanno visto un solo provvedimento a loro favore, nè governativo nè parlamentare. Oggi l’Ars ha scritto una delle peggiori pagine della sua storia”. 

“Il ddl truffa proposto da Pd e Forza Italia – aggiungono – è andato in porto con l’attenta regia di tutti i partiti. La norma è un’enorme presa in giro. Oltre a essere gli ultimi in italia ad operare il taglio, siamo riusciti anche ad essere anche i peggiori, visto che tutte le altre regioni hanno tagliato con percentuali molto più importanti, qui invece, si è proceduto con un taglio ridicolo di appena il 9 per cento e neanche definitivo , visto che sarà operativo solo per 5 anni, praticamente una beffa per i siciliani”. Il testo votato – concludono Foti e Marano – – non ci mette al riparo dai tagli dei trasferimenti statali. Musumeci può dirsi soddisfatto, il suo governo finora non solo non è riuscito a cavare un ragno dal buco ma si è macchiato di una colpa indelebile che niente riuscirà mai a cancellare”.

 

Palermo: 42 arresti per truffa alle assicurazioni. Falsi incidenti e “spaccaossa” per poche centinaia di euro

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Operazione ‘Tantalo 2’ in corso dall’alba di oggi a Palermo e a Trapani.Indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Palermo e dal Reparto di Polizia Penitenzia di Palermo del Carcere “Lorusso- Pagliarelli”,  sui falsi incidenti per truffare le assicurazioni. Per fratturare una gamba usavano dischi di ghisa o blocchi di cemento, per rompere un braccio anche degli anestetici, seppure di scarsa qualità.         Gli arrestati offrivano  alle ‘vittime’ consenzienti di turno somme esigue, di solito persone on condizioni di povertà che non avevano neppure i soldi per andare avanti.

Sono 42 gli arresti.  Gli organi di polizia ne hanno effettuato 34.Una sessantina i casi di mutilazioni scoperti dagli inquirenti. . La somma offerta era di 300 euro per una gamba da fratturare, e quattrocento euro per un braccio da fratturare. Nei guai giudiziari anche un avvocato e alcuni periti assicurativi. Due sono le bande individuate. Le finalità: associazione a delinquere, truffa aggravata, lesioni aggravate, usura, estorsione, peculato e reimpiego.

 

 

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Foto Archivio

Si scopre l’incredibile.  Afferma la Procura di Palermo: “C’era una “particolare cruenza degli adepti che non esitavano a scagliare pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all’uso di stampelle e sedie rotelle“…

 

Sono stati scoperti numerosissimi episodi criminosi in frode alle compagnie assicurative. Centinaia risultano inoltre essere le persone indagate.Decine le perquisizioni effettuate dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’operazione denominata “Fides”. Si apprende anche che sono stati  sequestrati beni per un valore di mezzo milione di euro.

Fondamentali per le indagini e per i giudici sono state le dichiarazioni dei collaboratori.Affermano gli inquirenti: “Si tratta di alcune persone tratte in arresto nell’ambito dell’operazione Tantalo della Squadra mobile di Palermo dello scorso agosto, che dopo l’arresto hanno deciso di collaborare con l’Autorità giudiziaria”.

 

 

REGIONE,DIPARTIMENTO ALLA FORMAZIONE: “C’E’ IL MANGIA MANGIA”- FRODE PER FINANZIARE “ASSOCIAZIONI”

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Nella foto il deputato di F.Italia Riccardo Savona

Con un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura di Palermo nei confronti di 7 persone fisiche, la Guardia di Finanza ha fermato l’attività “dubbia” anche del  deputato regionale Riccardo Savona, presidente della commissione Bilancio all’Assemblea regionale siciliana, e di otto associazioni, per un importo di circa 800 mila euro, secondo l’accusa «indebitamente sottratti al bilancio regionale e comunitario».

 «Le indagini hanno scoperto che varie associazioni riconducibili al politico hanno ricevuto numerosi finanziamenti per piani di formazione professionale negli ultimi 15 anni». L’elaborazione della documentazione acquisita nei vari assessorati regionali – dicono gli investigatori – oltre ai riscontri sul territorio e all’audizione di oltre 50 persone a vario titolo coinvolte nella realizzazione di progetti, ha messo in luce l’esistenza di un’articolata associazione che, dal 2012 ad oggi, ha frodato il bilancio regionale e comunitario attraverso un reiterato modus operandi posto in essere attraverso l’utilizzo di documenti falsi, furti di identità ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, avente come unica finalità quella di bypassare i controlli degli enti pubblici per l’ottenimento del contributo economico».

Alla Procura sono state denunciate  11 persone accusate, tra l’altro, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il procedimento ha previsto pure la perquisizione da parte delle Fiamme Gialle  delle abitazioni degli indagati, compresa la segreteria politica di Savona, per reperire documentazione relativa ad ulteriori finanziamenti ottenuti. 

  «Riccardo Savona è assolutamente estraneo alla vicenda» ha affermato il legale avvGiuseppe Di Stefano.

«Alcune di queste associazioni condividono i locali dove si trova la segreteria politica di Savona – ha spiegato il legale – ma lui non è mai stato presidente di nessuna di queste associazioni, se è stato commesso un reato ne risponderanno i rappresentanti legali: lui è completamente estraneo».

 

Sentenza Vendita on line: Se il bene non viene consegnato si induce in errore l’acquirente e si integra il reato di truffa

 

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Riportiamo una recente sentenza del Tribunale di Pescara che afferma la penale responsabilità di una persona per il reato di truffa consistente nell’aver indotto in errore l’acquirente sul buon fine dell’affare, determinandolo al pagamento del prezzo al quale però non è mai seguita la consegna del prodotto   Ecco dunque  la Massima della Sentenza – resa nota sul social Facebook -n.1794/2018 insieme alla nozione del reato di truffa e del testo della Sentenza a cura di Davide Tutino,avvocato penalista di Catania

  • Sentenza del  Tribunale di Pescara (Sent. n. 1794/2018), l’omessa consegna del bene nella vendita online, integra il reato di truffa, anche se l’agente ha utilizzato una carta postepay a lui intestata, poichè egli nasconde la propria identità e rende impossibile al soggetto acquirente di accertare l’effettiva disponibilità del prodotto.

 

Il reato di Truffa (Ex art. 640 c.p.)

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare [c.p.m.p. 162, 32quater];
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità [649];
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 7.

Testo della Sentenza del Tribunale di Pescara

Fonte: www.iusexplorer.it – 01.09.2018 – Giuffrè 2018.
Tribunale Pescara, 06/06/2018, (ud. 01/06/2018, dep.06/06/2018), n. 1794

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto in data 9.11.2017 è stato disposto il rinvio a giudizio di G.O. per rispondere del reato riportato in epigrafe.

All’udienza del 20.3.2018, dichiarata l’assenza dell’imputato, è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti.

All’udienza del 1.6.2018, sono stati acquisiti i documenti prodotti dal Pubblico Ministero ed è stata esaminata la persona offesa e all’esito, esaurita la discussione, il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo del quale è stata data immediata lettura in aula.

L’istruzione espletata ha dato riscontro alla prospettazione accusatoria nei termini che di seguito si espongono.

A.Y., persona offesa e querelante ha riferito che, nell’anno 2015, aveva acquistato on line, dei cerchi per autovettura BMW per il prezzo di 300 euro, che aveva pagato tramite accredito su conto corrente elettronico abbinato a carta Postepay Evolution, intestata a G.O., come indicato nei contatti via telefono (cfr. ricevuta ricarica Postepay e comunicazioni via telefono).

L’annuncio sul sito, invece, risultava a nome di tale E. La persona con la quale aveva condotto le trattative, che al telefono aveva riferito di chiamarsi O., aveva preteso il pagamento anticipato, ma poi non aveva spedito nulla.

Dalla documentazione prodotta dal Pubblico Ministero emerge che la carta Postepay su cui è stata effettuata la ricarica è effettivamente intestata a G.O., che l’aveva attivata esibendo regolare documento di identità (cfr. documentazione relativa all’attivazione della carta) Dato il suesposto quadro probatorio, è del tutto evidente che il G.O. abbia quantomeno concorso con altri soggetti non identificati alla consumazione della truffa descritta nell’imputazione utilizzando la propria carta Postepay sulla quale è stato accreditato l’importo costituente l’ingiusto profitto della truffa (la percezione del profitto integra l’ultima frazione della condotta tipica). D’altro canto non v’è dubbio che A.Y. sia stato vittima di artifici e raggiri da parte di colui (verosimilmente lo stesso G.O.) che ha assicurato la vendita dei cerchi, così inducendo in errore l’acquirente sul buon fine dell’affare, e determinandolo al pagamento del prezzo, al quale, poi, non è mai seguita la consegna della merce.

Va quindi affermata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità di G.O. per il reato di truffa.

Va esclusa invece, a parere del Tribunale, la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p.. Secondo un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, essa sarebbe riscontrabile “con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore dei reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti “on-line”, poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima e quello in cui, invece, si trova l’agente determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, che può facilmente schermare la sua identità, fuggire e non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente” (Cass. Sez. II, 43706/16). Tale ricostruzione si presta a delle obiezioni di natura logica.

La sussistenza dell’aggravante di cui all’art 61 n. 5 c.p., in relazione all’art 640 c.p., dipenderebbe dalla distanza “fisica” intercorrente tra il venditore ed il compratore, in quanto, le trattative ed il perfezionamento dell’accordo, non possono avvenire tramite incontro diretto tra le parti, come nel caso di vendita al dettaglio, vendita fuori dai locali commerciali ovvero la vendita cosiddetta “porta a porta” (ipotesi questa, tra l’altro, in cui il compratore non sempre ha la certezza che il venditore abbia la disponibilità della res poiché quest’ultimo potrebbe presentare i propri prodotti tramite cataloghi o prontuari) e tale condizione farebbe scattare de plano l’ipotesi aggravata. Ora, tale posizione stride con il tenore letterale dell’art 640 c.p. e con la descrizione che tale nonna fa della condotta – “chiunque, con artifizi e raggiri…” -, con il rischio di creare una situazione in cui si espande la portata dell’offensività della condotta e di confondere il raggiro, consistito proprio nel mostrare un oggetto in realtà inesistente, con la stessa aggravante, attribuendo in tal modo al medesimo dato una duplice funzione, sia quella di elemento tipico della fattispecie delittuosa (l’artificio), sia di dato costituente l’aggravante.

Il fatto che l’agente decida di usare la vendita online per nascondere la propria identità (ovvero, come spesso accade, senza servirsi di tale espediente), per sfruttare l’impossibilità del soggetto acquirente di accertare l’effettiva disponibilità della res, integra, da solo, la condotta di artifizi e raggiri di cui all’art 640 c.p..

Secondo parte maggioritaria della giurisprudenza, la circostanza di cui all’art. 61 n. 5 c.p., che trova applicazione quando l’agente abbia tratto vantaggio dalla situazione, presuppone la ricorrenza di alcuni elementi (le condizioni di tempo di luogo o di persona) che facilitino all’agente la commissione del reato, incidendo dunque sulla capacità difensiva della vittima, in modo da intralciarne qualsiasi possibile reazione.

Va aggiunto che, ai fini della sussistenza dell’aggravante, la ricorrenza delle condizioni richiamate dal legislatore non costituisce presupposto sufficiente per la sua applicazione, occorrendo verificare se le stesse abbiano assunto, in relazione al singolo episodio, un effettivo ostacolo per la vittima facilitando in concreto l’azione delittuosa dell’agente.

Il percorso interpretativo sistematicamente percorso dalla giurisprudenza è dunque volto a verificare se il contesto, pur astrattamente determinante una posizione di squilibrio tra parti, abbia nel concreto costituito un effettivo ostacolo per la parte offesa e dunque abbia concretamente facilitato l’azione delittuosa.

Il giudice, infatti, è tenuto a valutare in che misura le circostanze di tempo, di luogo e di persona abbiano dilatato la portata dell’offensività della condotta del soggetto agente: “la valutazione della sussistenza dell’aggravante della minorata difésa va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato “(Cass. pen. Sez. II, 14-11-2013, n. 6608)”.

Per permettere una simile valutazione, non può essere condivisa la posizione che concepisce la truffa on line come sempre aggravata dall’approfittamento della situazione di distanza fisica tra i contraenti.

Risulta evidente come l’accoglimento di tale opzione interpretativa postuli un accertamento meramente oggettivo dell’aggravante in parola, posto che il giudice, dalla mera distanza tra le parti nella fase delle trattative, dovrebbe sistematicamente affermare la sussistenza di una minorata difesa, sconfessando in tal modo il consolidato orientamento giurisprudenziale che impone al giudice una valutazione in concreto, caso per caso, al fine di appurare se effettivamente, rispetto ad una situazione tipo, ricorrano ulteriori elementi indicativi di una limitata capacità difensiva da parte della vittima tale da facilitare (e non dunque semplicemente realizzare) la truffa a proprio danno (cfr. Cass. 3058/11 e 10135/15 che hanno ravvisato l’integrazione della condotta fraudolenta prevista dall’art. 640 c.p. in quella di chi si accredita sul sito “Ebay” e pone in vendita un bene. ricevendo il corrispettivo senza procedere alla consegna di esso e rendendo difficile la possibilità di risalire al venditore, individuando, quindi, nelle modalità utilizzate nelle trattative, la condotta del reato non aggravato).

A ciò aggiungasi che, nelle ipotesi di vendita on line, proprio in virtù dell’impossibilità di accertare, tramite una visione diretta, l’esistenza del bene offerto, l’acquirente è certamente in grado di valutare – alla stregua della media diligenza – come rischiosa l’operazione, e dunque ben può sottrarsi alle possibili conseguenze negative, adottando tutti gli altri strumenti che sorreggono il consumatore nelle vendite on line, quale ad esempio quella di imporre, ove possibile, il pagamento in contrassegno della merce, ovvero adottare comunque dei sistemi particolari di pagamento che garantiscono il rimborso in caso di mancata ricezione della merce (cd. pagamenti Paypal), sistemi che neutralizzano il rischio per l’acquirente e rendono irrilevante la circostanza che il venditore non sia rintracciabile e/o non abbia mostrato prima la merce all’acquirente.

Sul punto va precisato che, sebbene la scarsa diligenza della persona offesa non escluda l’idoneità degli artifizi utilizzati dall’autore di una truffa (cfr. Cass. 43706/16), la mancata adozione di tali contromisure palesa l’equilibrio contrattuale delle parti o, quantomeno, la volontà della persona offesa di accettare una trattativa in condizioni di parità, situazione questa che, all’evidenza, esclude la ricorrenza di una minorata difesa. La possibilità di approntare una “adeguata difesa” rispetto al contesto in cui la parte offesa ha contrattato esclude, pertanto, la possibilità di qualificare la condotta dell’odierno imputato alla stregua dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p.. Si ritiene, invece, sussistente l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, ai sensi dell’art. 62, n. 4) c.p., invocata dalla difesa.

Quindi, tenuto conto dei parametri di cui all’art. 133 c.p., non essendo emersi dall’istruzione positivi elementi di giudizio che possano indurre al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, considerata l’elevata capacità a delinquere dell’imputato, evincibile dai numerosi precedenti penali a suo carico per reati contro il patrimonio, e ritenuta l’attenuante di cui all’art. 624) c.p., pena equa nel caso di specie deve ritenersi quella, di mesi quattro di reclusione ed euro 100,00 di multa. Il riconoscimento della penale responsabilità comporta la condanna dell’imputato, ai sensi dell’art. 535 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

I precedenti penali da cui l’imputato è gravato sono ostativi al riconoscimento della sospensione condizionale della pena.

P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara G.O., colpevole del reato ascrittogli, ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p., con l’attenuante di cui all’art. 61 n. 4 c.p. lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 100 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Termine fino al 30 giugno 2018 per il deposito della motivazione.

Pescara 1.6.2018

Si scagliavano pesanti dischi di ghisa sugli arti per truffare le assicurazioni

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Palermo

La  Polizia di Stato di Palermo – si apprende da un comunicato stampa – ha scoperto una truffa alle assicurazioni che lascia increduli chiunque.      Pur di intascare il risarcimento gli autori della truffa non esitavano a mutilarsi parti del proprio corpo.    La Polizia ha trasmesso la denuncia alla Procura di Palermo che sta già disponendo   diversi arresti    .Le ‘vittime’ avrebbero ottenuto anche risarcimenti che superano i centomila euro, come comunicato dal dirigente della squadra mobile palermitana.

Sono undici finora gli arresti  eseguiti dalla  polizia di Palermo che ha sgominato “due pericolosissime organizzazioni criminali dedite alle rodi assicurative realizzate attraverso le mutilazioni di arti di vittime compiacenti”. Coinvolto anche un collaboratore professionale infermieristico dell’ospedale Civico di Palermo. “Le due associazioni criminali disarticolate dalla polizia di Stato hanno evidenziato la particolare cruenza degli adepti delle due organizzazioni, che scagliavano pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all’uso di stampelle e a volte alla sedia a rotelle”,affermano gli investigatori….

 

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Un tunisino sarebbe morto per le mutilazioni subite. Sembrava che l’uomo fosse deceduto in seguito ad un incidente stradale avvenuto lo scorso anno  . In realtà        la polizia ha scoperto che i fatti si sono svolti diversamente e che il tunisino, era rimasto vittima delle mutilazioni subite per ottenere il risarcimento. Gli organizzatori della truffa gli avrebbero fratturato consapevolmente le ossa ma il destino non ha consentito al tunisino di proseguire nella truffa mortale..

Signori, ecco quando dire politica significa dire truffa e furto (gigantesco): -Dove sono finiti – in quali tasche – oltre del segretario e tesoriere dell’epoca della Lega – i 49 milioni di euro?

 

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L’Associazione Nazionale Magistrati non ci sta alle offese e ai giudizi negativi espressi dal mondo politico della Lega sulla sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione relativa al sequestro di somme di un movimento politico, e ribadisce con forza che i magistrati non adottano provvedimenti che costituiscono attacco alla democrazia o alla Costituzione, né perseguono fini politici, ma emettono sentenze in nome del popolo italiano, seguendo principi e regole di diritto di cui danno conto nelle motivazioni”.

“L’evocare un possibile intervento del capo dello Stato nella vicenda – prosegue il comunicato stampa della giunta esecutiva dell’Anm – risulta essere fuori dal perimetro costituzionale, così come le modalità con cui il dibattito si è alimentato creano confusione e rischiano di produrre effetti distorsivi sui precisi confini, fissati dalla Costituzione, tra la magistratura, autonoma e indipendente, e gli altri poteri dello Stato.

L’Anm rigetta ogni tentativo di delegittimare la giurisdizione e di offuscare l’imparzialità dei magistrati, principio costituzionale a difesa del quale continuerà sempre a svolgere la propria azione, auspicando che chiunque eserciti funzioni pubbliche abbia a cuore gli stessi fondamentali principi”.

A questo punto la Lega è avvertita: dove sono finiti i 49 milioni di euro che la Lega ha incassato quale finanziamento pubblico ”?        E visto che nella vicenda giudiziaria si conoscono nomi e cognomi, a partire del segretario della Lega dell’epoca, del suo tesoriere e degli esponenti leghisti, perchè la Magistratura -Suprema Corte – non ha provveduto alla confisca dei beni dei generali della Lega’?       Perchè la Suprema Corte ha emesso una sentenza- comunicato generalizzando sul rimborso stellare – bonificato a questo partito -che la Lega deve allo Stato, cioè ai cittadini italiani?
Un rimpianto:  cercasi magistrati della caratura di Di Pietro, dell’ex Pool di “Mani pulite”per frenare il fenomeno politico dei furti dei finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali politici.

Titoli illeciti scoperti dalla Guardia di Finanza di Palermo

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Letto: 12345

Il  Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito il provvedimento degli arresti domiciliari per nove persone e notificato un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in esecuzione di un’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Palermo.

 Secondo gli inquirenti con  accessi illeciti ai sistemi informativi gli arrestati procedevano alla falsa intestazione, emissione e successiva rivendita di biglietti per  lo stadio per le partite casalinghe del Palermo calcio.

Questi biglietti risultavano essere intestati sistematicamente a soggetti inesistenti e titolari di agevolazioni e sconti (under 14, over 65, riduzione donna), sfruttando illecitamente l’agevolazione prevista per determinate categorie.

Oltre il 60% dei titoli ridotti emessi per gli incontri di campionato risultano essere intestati a soggetti inesistenti con la successiva e fraudolenta immissione sul circuito di vendita d i oltre 4.000 tagliandi d’accesso.

Le associazioni per delinquere erano composte da titolari di ricevitorie autorizzate, da rivenditori abusivi (i noti  “bagarini”), da capi ultras e da esponenti di spicco del tifo organizzato “rosanero” che, con la loro remunerativa attività criminale, hanno aggirato le norme poste a tutela della sicurezza degli stadi

Denunciati alla Magistratura anche  23 individui, e segnalate alla Prefettura  65 persone per diverse violazioni amministrative.

La Finanza comunica che  sono stati pure posti sotto sequestro 123 titoli falsi, con intestazioni fittizie.

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