Approvato il bilancio di previsione: un miglior futuro attende Aci Sant’Antonio

Caruso: “Impegnati oltre tremilioni e mezzo di euro rispettando i tempi: un guadagno per la comunità

Vandalizzata l'area giochi di Aci Sant'Antonio, il sindaco: "Atto deprecabile" - Giornale di Sicilia

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Approvato il bilancio di previsione del Comune di Aci Sant’Antonio.

È stata una seduta di Consiglio particolarmente importante quella che si è tenuta nel corso della mattinata di ieri presso Palazzo Cantarella: tra gli argomenti all’ordine del giorno, infatti, oltre alle tariffe Tari per l’anno 2020 (che rimarranno invariate tranne che per i commercianti, per i quali verrà ridotta alla luce dei minori introiti legati all’attuale periodo storico, con una riduzione maggiore per chi ha dovuto tenere chiusa l’attività per un periodo maggiore) e al Documento Unico di Programmazione 2020/2022, spiccava quello inerente il Bilancio di previsione del 2020 e il Bilancio pluriennale 2020/2022… La relativa votazione ha dato esito favorevole al documento finanziario.
Fra le voci dei capitoli di spesa, infatti, appaiono importanti interventi che in alcuni casi contribuiranno a modificare l’aspetto di Aci Sant’Antonio, migliorandolo, oltre che a portare vantaggi decisi alla comunità: da quello inerente la sistemazione del centro storico all’arredo urbano, fino agli attesissimi lavori all’interno del Parco di Casalotto, passando poi per gli interventi al cimitero comunale e a quelli su diversi immobili e nelle scuole (e fra questi vanno evidenziati quelli per la palestra nella frazione di Santa Maria La Stella).

 

Immagine di Lucia Daniela Rapisarda

Lucia Rapisarda (Presidente Consiglio comunale)

È stata una seduta di grande importanza – ha dichiarato il  Presidente del Consiglio locale, Lucia Rapisarda – e sono lieta del fatto che i lavori si siano svolti in maniera lineare, pacata, con interventi equilibrati e ragionati. Sono state prese decisioni importanti, e di tutto questo trae vantaggio l’intera comunità”.

Il Sindaco, Santo Caruso (nella foto ), spiega il significato  dell’approvazione del bilancio: “Sono stati impegnati oltre tremilioni e mezzo di euro, e lo abbiamo fatto rispettando i tempi. Si tratta di decisioni importanti che testimoniano il buon lavoro svolto da tutti: dalla Giunta, dal Consiglio, dalle Commissioni, dagli Uffici. Sono particolarmente contento per il Parco di Casalotto, che dopo decenni di dibattiti, di errori, di battaglie vedrà finalmente un intervento che gli restituirà l’aspetto che merita”.
Si apprende che alla  fine della seduta il primo cittadino ha  evidenziato, insieme al Responsabile del Settore Finanziario, la possibilità di apportare modifiche al bilancio fino a novembre (ad esempio chiamando in causa le Consulte),  rilevando  le difficoltà legate al drammatico momento storico, difficoltà legate soprattutto al reperimento di fondi per interventi volti al sociale, avendo attualmente a che fare,ad esempio, con i ritardi della Regione in merito ai fondi legati ai buoni spesa.

 

Il mistero del giornalista De Mauro “un cadavere che cammina”, rapito ed ucciso dalla Mafia

 

Ricordo oggi e commemorazione del giornalista Mauro De Mauro (nella foto) ucciso dalla mafia nel ’70. Tra le varie ipotesi formulate sulle ragioni della sua sparizione figura anche quella relativa all’inchiesta sulla morte, secondo lui dovuta a omicidio e non a incidente, del presidente dell’Eni  Enrico Mattei una trama che si è intrecciata con altri affaire italiani quali il golpe Borghese] Dopo il rapimento, il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Figlio di un chimico e di un’insegnante di matematica, fu sostenitore del Partito fascista ed allo scoppio della seconda guerra mondiale si  arruolò  volontario.

Nel 1943-1944 ,aRoma occupata dai tedeschi, fu vice questore di Pubblica Sicurezza sotto il questore Pietro Caruso confidente  del capitano delle SS Erich Priebke e del colonnello Herbert Kappler   e collaborò con la Banda Konc un reparto speciale del Ministero dell’Interno

De Mauro in seguito ad un incidente stradale mentre guidava una motocicletta riportò lesioni con esiti permanenti in termini di menomazioni fisiche (aveva il naso ricucito ed era claudicante).

Arrestato nel 1945 a Milano dagli Alleati ..Anche la moglie Elda, per via della sua militanza filofascista, era braccata dai partigiani nel pavese..

Nei processi giudiziari, in particolare per presunta partecipazione alla strage delle Fosse Ardeatine, fu prima condannato in contumacia nel 1946, poi assolto, nel 1948, per “insufficienza di prove”dalla Corte d’Assise di Bologna; infine nel 1949 fu prosciolto dalla Cassazione, che confermò l’assoluzione, aggiungendo la motivazione di proscioglimento “per non aver commesso i fatti” addebitatigli, cioè con formula piena

Ebbe un  incarico  dal regista Francesco Rosi di stendere una bozza di sceneggiatura sull’ultimo viaggio in Sicilia (26-27 ottobre 1962) del defunto fondatore dell’ente petrolifero di Stato in preparazione del film Il caso Mattei , che sarebbe uscito nel 1972

In realtà De Mauro aveva ripreso ad interessarsi della vicenda Mattei fin dal marzo 1970, quando il suo amico Graziano Verzotto, presidente dell’EMS (Ente Minerario Siciliano), lo aveva convinto a “sostenere il progetto del metanodotto” Algeria-Sicilia da lui caldeggiato e a “contrastare chi vi si opponeva”, vale a dire il nuovo uomo forte dell’Eni Eugenio Cefis e il suo protettore politico Amintore Fanfan

Ovviamente tale “collaborazione” sarebbe stata retribuita dall’EMS sotto forma di “un incarico per una ricerca sociologica sugli effetti dell’industrializzazione sull’area di Termini Imerese. Saputa la cosa il fronte avversario aveva premuto per un trasferimento di De Mauro nella sede staccata di Messina e poi, dopo il suo forzato rientro a Palermo in seguito alla frattura di un braccio (aprile 1970), per un suo confinamento nella redazione dello “Sport”, settore per il quale egli non presentava competenza alcuna…

L’incarico conferito da Rosi all’amico giornalista aveva indotto l’ex senatore Verzotto a ritenere che “tale film poteva essere uno strumento per sostenere e alimentare la campagna che l’ente da [lui] presieduto intendeva portare avanti contro la presidenza dell’Eni e contro coloro che si opponevano alla realizzazione del metanodotto”. Si era pertanto offerto di aiutare De Mauro “a ricostruire i due giorni di permanenza di Mattei in Sicilia per indirizzare utilmente – in chiave di contrasto all’allora presidente dell’Eni (Cefis) – il suo lavoro per Rosi” . Ovviamente l’arma con cui sperava di “liquidare politicamente Eugenio Cefis”, facendolo “estromettere” dall’Eni, era costituita dai torbidi retroscena della morte di Mattei, a lui ben noti in quanto organizzatore dell’ultimo, fatale viaggio di Mattei in terra siciliana

De Mauro si era occupato anche di mafia. Il 23 ed il 24 gennaio 1962 aveva pubblicato, sempre su L’Ora di Palermo, il verbale di polizia, risalente , in cui il medico siciliano Melchiorre Allegra, tenente colonnello medico , affiliato alla mafia  e poi  pentito mafioso , elencava tutta la struttura del vertice mafioso, gli aderenti, le regole, l’affiliazione, l’organigramma della società malavitosa. Tommaso Buscetta il superboss pentito, ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ebbe a dichiarare:

“… De Mauro era un cadavere che camminava. Cosa Nostra era stata costretta a ‘perdonare’ il giornalista perché la sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla prima occasione utile avrebbe pagato anche per quello scoop. La sentenza di morte era solo stata temporaneamente sospesa

 

Il giornalista venne rapito la sera del 16 settembre del 1970 mentre rientrava nella sua abitazione di Palermo. Il rapimento avvenne un paio di giorni prima della celebrazione delle nozze della figlia Franca. De Mauro fu visto l’ultima volta dalla figlia Franca mentre parcheggiava l’auto davanti alla sua abitazione di via delle Magnolie.

La figlia, nell’attesa che il padre raccogliesse delle vettovaglie dal sedile della macchina, entrò nell’androne per chiamare l’ascensore. Vedendo però che non la raggiungeva, uscì nuovamente dal portone e scorse suo padre circondato da due o tre persone risalire in macchina e ripartire senza voltarsi a salutarla.

La sera successiva l’auto venne ritrovata a qualche chilometro di distanza in via Pietro D’Asaro, con a bordo piccole vettovaglie che il giornalista aveva acquistato rincasando. Secondo il pentito Francesco Marino Mannoia, i resti del giornalista restarono sepolti per diversi anni sotto un ponte del fiume Oreto ma successivamente i boss mafiosi della zona decisero di rimuovere le ossa che furono sciolte in un fusto pieno d’acido.

In viale delle Magnolie, dal 2015, si svolge una cerimonia per ricordarlo. La targa marmorea è stata collocata dal Comune il 16 settembre 2015 su proposta dell’Unione cronisti mentre dal 14 maggio del 2013 un albero dedicato a Mauro De Mauro si trova nel Giardino della memoria di Ciaculli, il sito confiscato alla mafia, e gestito da Unci e Associazione nazionale magistrati.

 

 

Scoperta a Caltavuturo un’importante strada romana del II-III Sec.d.C.

 

Dagli scavi emerge un'antica strada romana: che scoperta sulle Madonie

 

PALERMO

Importante scoperta nel corso dei saggi archeologici preventivi richiesti alla Snam Rete Gas dalla Soprintendenza di Palermo durante la fase di progettazione dei lavori di rifacimento del metanodotto Gagliano-Termini Imerese.

A Caltavuturo, in un tratto della via Catina-Thermae, una delle strade più importanti della Sicilia, è venuta alla luce una strada romana del II-III secolo dopo Cristo., tra la  Statale 120 “dell’Etna e il Parco delle Madonie “; il tratto stradale romano, di cui si conserva solo la massicciata (statumen) sottostante il basolato, certamente divelto dai secolari lavori agricoli corre, infatti, parallelo alla SS 120 e a una quota di poco inferiore confermando, almeno tra il Km 36 e il Km 37, una corrispondenza tra le due strade prima d’ora solo ipotizzata dagli studiosi di topografia antica».

A Caltavuturo rinvenuto un tratto della Via Catina-Thermae | Guida Sicilia

La strada romana, emersa nel corso dei saggi di scavo, testimonia in maniera inequivocabile la fervida attività di comunicazione e commercio esistente tra le diverse aree della Sicilia sin dai tempi antichi. Quanto scoperto, secondo la Soprintendenza, è databile tra II e il III secolo dopo Cristo e verosimilmente la “monumentalizzazione” in questa zona è da mettere in relazione con la presenza di una stazione di sosta.

«L’eccezionalità del rinvenimento – informa Lina Bellanca, soprintendente dei Beni culturali di Palermo e Rosa Maria Cucco, l’archeologa che ha seguito gli scavi – consiste principalmente nel fatto che siamo di fronte all’unico tratto di strada romana costruita sull’Isola, fino ad oggi attestato. Altro dato straordinario è la coincidenza della strada appena scoperta con la Statale 120 «dell’Etna e delle Madonie”; 

A Caltavuturo rinvenuto un tratto della Via Catina-Thermae | Guida Sicilia

«A Nord-Ovest dal luogo del rinvenimento archeologico si trova, peraltro, il sito della fattoria romana di Pagliuzza, insediamento che era servito dalla Catina-Thermae e dove, alcuni anni fa, sono stati rinvenuti oltre 500 denari d’argento di età repubblicana, che oggi sono esposti all’interno del Museo Civico di Caltavuturo.

 

ARCHEOLOGIA SUBACQUEA: UNA MOSTRA INEDITA A PALAZZO REALE DI PALERMO APERTA OGGI FINO AL 31 GENNAIO 2021

 

 La mostra, promossa dalla Fondazione Federico II,  apre oggi 16 settembre a Palazzo Reale di Palermo nelle Sale Duca di Montalto, dove resterà visitabile  fino al 31 gennaio 2021.   Le comunicazioni che riceviamo in redazione -Sud Libertà- sono, comprese immagini e foto, della Fondazione Federico II  che vuol dare l’idea di lettura dell’antichità

Ricostruire la storia del Mediterraneo – lungo un percorso articolato in 8 sezioni, dalla geologia ai giorni nostri, passando per il commercio, le guerre, le navigazioni e l’archeologia subacquea – assume un significato che è solo marginalmente “espositivo”. Il tentativo, certamente ardito e sicuramente apprezzabile della Fondazione Federico II e del Comitato Scientifico multidisciplinare con la collaborazione di decine di prestigiose istituzioni museali, è di raccontare e trasferire al visitatore “un” concetto di Mediterraneo per dargli accesso alla sua “anima”, pur nelle diverse sfaccettature e opinioni messe in evidenza nel tempo da autori come Braudel, Abulafia e Broodbank. L’obiettivo è dichiarato: donare al visitatore una chiave di lettura dell’antichità per rituffarlo improvvisamente nel presente e fargli percepire cosa era il Mediterraneo ieri e cosa è diventato oggi. Ecco perché l’ultima sezione è intitolata “Il Mediterraneo. Oggi”, un reportage crudo e senza filtri, opera della fotografa Lucia Casamassima e del giornalista Carlo Vulpio, che avverte: “non ci troviamo di fronte ad un melting pot e nemmeno di fronte a diversità da tenere assieme, bensì a tante identità e culture profonde. E’ il più grande condominio del mondo, all’interno della quale ognuno considera gelosamente nostrum la fetta di mare da cui è bagnato”.

Anfora greco-italica dalle Egadi

UN RACCONTO ATTRAVERSO OLTRE 300 REPERTI – E allora pronti a incunearsi letteralmente in Terracqueo, nelle Sale Duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo, dentro un racconto scandito da 324 reperti, ognuno con un significato legato alla narrazione, costruita grazie a lavoro corale coordinato dalla Federico II col Comitato scientifico, in collaborazione con il Dipartimento dei Beni Culturali e il Centro Regionale per il Restauro, con numerosi musei regionali e civici, soprintendenze, con la prestigiosa collaborazione di musei nazionali come il Museo Archeologico Nazionale di Napoli “Mann”, i Musei Capitolini e il Museo Etrusco di Volterra. Un prezioso e proficuo supporto, poi, giunge dal Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Palermo e dal Museo “G.G. Gemmellaro” e le tre Fondazioni (Fondazione Sicilia, Fondazione Mandralisca e Fondazione Whitaker). Determinante il contributo concreto di importanti studiosi tra i quali Luigi Fozzati, Stefano Medas, Marco Anzidei, Nino Buttitta, Massimiliano Marazzi, Caterina Greco, Carlo Beltrame, Carla Aleo Nero, Babette Bechtold, Giulia Boetto e Marilena Maffei.

Otto “step” narrativi attendono il visitatore, che diventa viaggiatore sia nel tempo, attraversando millenni, che nello spazio sia esso marino, sopra e sott’acqua o nella terraferma : “Un mare di storia”, “Un mare di migrazioni”, “Un mare di commerci”, “Un mare di guerra”, “Un mare da navigare”, “Un mare di risorse”, “Archeologia subacquea: passato e presente”, “Il Mediterraneo. Oggi”.

IL PERCORSO ESPOSITIVO –  12 rostri, 19 elmi, 65 monete, 20 ancore, 24 anfore. Sono solo alcuni dei 324 reperti esposti. L’oggetto diventa il tassello di una storia antropologica. Il percorso espositivo inizia con un reperto di richiamo internazionale: l’Atlante Farnese, realizzato nel II secolo d. C. prendendo spunto da una più antica scultura di fase ellenistica.  “È stato volutamente collocato all’inizio del percorso”, spiegano i curatori,  “perché incarna la visione della mostra. E’ il simbolo della ricerca di una rotta oggi troppo spesso smarrita. Oltre al valore estetico suscita un interesse di natura scientifica: Atlante sorregge il globo celeste sul quale stesso vengono correttamente raffigurate le costellazioni, la precessione degli equinozi e alcuni meridiani e paralleli, di fatto una sbalorditiva sintesi tra arte e astronomia, già attestata in tempi antichi”.

Atlante Farnese

Tra i reperti c’è anche la Nereide su Pistrice databile ai primi decenni del I secolo d. C., venne ritrovata nella villa che Publio Vedio Pollione fece costruire sulla collina un tempo chiamata Pausilypon oggi Posillipo. La particolarità della Nereide di Posillipo è che non rientra in schemi confrontabili, esclusa la possibilità che possa derivare da un modello ellenico del IV-III secolo a. C. di derivazione scopadea.

Un altro spaccato di vita è rilevato dal Louterion ritrovato nel relitto di Panarea III: ci conferma infatti la presenza a bordo di altari destinati a riti propiziatori connessi alla navigazione, riconducendo alla natura umana che da sempre nei percorsi rivolti verso l’ignoto si affida alla preghiera.

Il Cratere del Venditore di tonno, databile alla prima metà del IV secolo a.C. in un’area che si è inclini a localizzare in Sicilia, svela una scena di grande attualità, ricorrente anche nei mercati rionali odierni e testimonia la perpetuazione delle antiche tradizioni fino ai nostri giorni: un venditore di pesce sta affettando un tonno su un ceppo e il compratore per concludere l’acquisto è provvisto di una moneta.

Cratere del venditore di tonno

ALLESTIMENTO MULTIMEDIALE – La Fondazione Federico II ha integrato la narrazione con un allestimento multimediale così da rendere l’esperienza più reale. Chi entra darà sin dal corridoio di ingresso un’esperienza immersiva, “nuotando” virtualmente nei fondali marini grazie all’installazione curata da Sinergie Group. Si avrà modo, inoltre, di comprendere come tutto ebbe inizio grazie ad un “solido interattivo” realizzato da TEICHOS in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, ENEA e INGV. A partire dal Giurassico la collisione di due grandi placche tettoniche originò il Mediterraneo, ex Mar della Tetide.

Anche l’ultima sezione, “Il Mediterraneo. Oggi”, che può considerarsi una mostra nella mostra ha un taglio immersivo-multimediale. Un viaggio lungo otto mesi in 17 Paesi ha dato vita al reportage firmato dal giornalista Carlo Vulpio e dalla fotografa Lucia Casamassima, che nell’allestimento di Terracqueo ingloba il visitatore in mezzo a due pareti fotografiche, animate dall’video animation creator Luca Daretti. Sarà come ripiombare nel presente: non solo attraverso i suoi 46 mila chilometri di litorale, quello è solo l’affaccio sul mare, ma anche nel suo “spazio dilatato” (come lo chiama Maurice Aymard), cioè in quelle aree interne e distanti dalle rive mediterranee – in Africa e in Asia, ma anche nell’Europa balcanica – che vivono in diretta relazione con tutto ciò che avviene in questo luogo unico.

Una delle installazioni multimediali

Un’altra installazione riguarda le immagini raffigurate nel Cratere del naufragio (VIII sec. a. C., Ischia – Pithecause). È stata voluta all’interno di Terracqueo dalla Fondazione Federico II poiché simboleggia il naufragio, tema di grande attualità oggi come allora. Il Cratere fu ritrovato ad Ischia all’interno di una tomba nella necropoli di San Montano, risale all’VIII secolo a.C. . L’installazione video è stata curata da Teichos (Servizi e Tecnologie per l’archeologia), Salvatore Agizza e Federico Baciocchi.

I rostri nel suggestivo allestimento

Emergono elementi di una memoria indelebile sulla natura dell’uomo e il suo rapporto col Mediterraneo, narrando emozioni che riconducono al mare con il suo significato dicotomico, come luogo di speranza per approdare in una nuova terra, dove costruire un futuro migliore, o abisso in cui si consumano drammatici naufragi”….

Nuove cariche , nuovi organismi , nuovo potere nuovi incarichi e lavori degli architetti siciliani

 

Appalti: inadempienza retributiva e intervento sostitutivo della Pa

(Archivi Sud Libertà)

SULL’ASSE CATANIA-PALERMO NASCE LA FEDERAZIONE REGIONALE (FAS)  CONTRAPPOSTA ALLA CONSULTA REGIONALE

Iniziativa promossa da Ordine di Catania e di Palermo per le azioni politiche regionali e per promuovere confronto sui temi strategici per lo sviluppo

Sull’asse Catania-Palermo nasce FAS: la Federazione degli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Sicilia. Un organismo volto a guidare le scelte strategiche dell’Isola, promuovendo confronto e dibattito sui temi nevralgici per lo sviluppo.

 

Nella foto (Press) da sx Amaro,Miceli

                                     ” UNA DIVERSA VISIONE “POLITICA” ALL’INTERNO DELLA CONSULTA REGIONALE”

Un’iniziativa che vede in prima linea i presidenti Alessandro Amaro (Ordine Catania) e Francesco Miceli (Ordine Palermo), in rappresentanza di circa 7000 iscritti, a seguito della diversa visione politica creatasi all’interno della Consulta regionale, che negli scorsi mesi ha determinato le dimissioni dei due rappresentanti di categoria e il recesso dei rispettivi Ordini: «Dopo un lungo periodo di stallo, sotto la mia presidenza la Consulta ha raggiunto importanti risultati che, a quanto pare, sono rimasti inosservati – spiega Amaro, che ha guidato l’organismo regionale di categoria fino ad aprile di quest’anno – dalla nomina del presidente dell’Ordine di Caltanissetta all’Ufficio di presidenza del CNAPPC, alla costituzione della R.P.T Sicilia, passando per l’elaborazione degli emendamenti relativi alle proposte di Legge regionale sul Governo del Territorio, con un inizio d’interlocuzione con l’Amministrazione Regionale. Tutto ciò purtroppo non è bastato, anzi, è stato soggetto a critiche sulla conduzione delle operazioni portate avanti. Attacchi e polemiche che contrastano con lo spirito stesso della Consulta, che dovrebbe far convergere tutti i suoi componenti verso obiettivi comuni a favore degli architetti siciliani».

Una scelta che successivamente ha visto nell’identica  stessa posizione anche Miceli: «Ho cercato in tutti i modi di adoperarmi – sottolinea il presidente palermitano – per dare vita a un lavoro comune che potesse affermare principalmente il ruolo della Consulta quale libera associazione degli Ordini, in grado di divenire soggetto autorevole di coordinamento e promozione nei confronti del Governo e degli Organi istituzionali regionali. Uno sforzo purtroppo vano, che ha visto emergere con frequenza contrasti, sia sulla visione che sul modo di affrontare i temi legati al ruolo della professione».

Da questo scenario, che ha visto quasi sempre posizioni divergenti, nasce FAS che – fatte salve le competenze del Consiglio Nazionale e dei singoli Ordini provinciali – intende promuovere iniziative per sostenere il ruolo, la dignità e la funzione dei professionisti che rappresenta. «Continueremo a portare avanti le battaglie già intraprese – concludono Amaro e Miceli – da subito ci siamo attivati, spingendo sull’acceleratore per la promulgazione di una legge speciale regionale, volta a evitare il tracollo del settore edilizio – soprattutto quello degli appalti pubblici – causato dell’emergenza Covid. Una proposta già inoltrata al presidente Nello Musumeci alcuni mesi fa, che prevede l’affidamento ai liberi professionisti della progettazione e direzione dei lavori (in modo diretto per i servizi che non superano i 40mila euro o attraverso un sorteggio pubblico tra gli iscritti all’Albo Unico Regionale); processi di digitalizzazione degli uffici per velocizzare l’affidamento dei lavori e incentivi che spingano alla ristrutturazione o demolizione e ricostruzione per la trasformazione e rigenerazione dei tessuti urbani». Abbiamo prodotto ulteriori emendamenti sulla legge Urbanistica Siciliana di recente approvazione e stiamo lavorando sui concorsi di Progettazione.

Nei prossimi giorni si riunirà l’assemblea FAS per eleggere il coordinatore, il segretario e le altre cariche previste dallo Statuto.

MUSICA CONTROCORRENTE: FLAVIO OREGLIO MUSICISTA DA “UNA VITA CONTROMANO”

CANTAUTORE CHE CONIUGA PASSIONE E MISSIONE NELLA MUSICA

 

Ripresa foto Ufficio Lc Comunicazione

 

DI LUCILLA CORIONI

Fu galeotta la nota introduttiva all’album “Siamo una massa di ignoranti. Parliamone”(nel 2005) regalataci dall’indimenticabile Keith Emerson, quando – parlando del Flavio Oreglio musicista – citò il brano “Una vita contromano”. Un disco eccezionale, quello sopracitato, che – come tutte le esperienze complesse e coraggiose – consacrò l’Oreglio attore, scrittore e ideologo, in cantautore “definitivo”.
Una formazione anni Settanta, un’impronta fusion e prog, una personalità poliedrica, un’identità autoctona in quel di Milano che l’ha visto crescere tra le invettive satiriche del Derby e la canzone d’autore dei Vecchioni e degli Svampa.
Flavio Oreglio è un cantautore anomalo, appartenente a quella categoria di musicautori che non si sono (per fortuna…) mai estinti, perché non hanno sposato le mode pop e – seppur con grande fatica – hanno saputo essere coerenti.
Potremmo anche definirlo un cantautore a due anime, una popolare – sempre attenta alla valorizzazione delle tradizioni (con particolare attenzione alle radici milanesi e lombarde – l’altra intellettuale – a favore di un genere astratto come quello di un teatro canzone tra voli country, jazz e rock con deviazioni verso il progressive. Nonostante il tentativo mediatico continuo di collocarlo come attore umoristico e scrittore comico all’interno dello schizofrenico mondo dello spettacolo adoperando le sue diverse abilità eclettiche, Oreglio, dal 1987 al 2019 ha confezionato ben 9 album di inediti.
Tra l’altro la vocalità calda e, in quanto ad ottave, ben dotata, hanno fatto sì che il suo repertorio non si fermasse mai ai soli tre accordi che hanno caratterizzato una certa canzone d’autore, essendo un buon pianista e un conoscitore della chitarra acustica, i suoi album si sono sempre distinti per qualità, ricerca e anti-banalità.
“Melodie e Parodie”“Clownstrofobia” e “Burlando Furioso” rappresentano una lunga trilogia d’esordio che ha traghettato il giovane Flavio Oreglio dal cantautorato tradizionale al club-canzone, una sorta di teatro canzone da locale che, con le modalità del cabaret originario, lo ha reinventato artisticamente lungo il percorso, fino a trasformarlo nel genere Oreglio.
“Ridendo e sferzando”, titolo della trilogia, è diventato anche un album con dodici tracce prese dalle tre opere (alcune originali, altre rifatte).
Poi c’è stata una lunga pausa discografica – fatta di live e televisione – ma occasione per la scrittura di nuove canzoni.
Sono gli anni della trasmissione Zelig, dove Oreglio prima recuperato tra i Martesana – tributo ai Gufi con Carlo Pastori, Ale e Franz e Claudio Bisio – poi lanciato con le poesie catartiche pubblicate in seguito da Mondadori. Ma la sua passione, e forse anche la sua missione, è nella musica. In quegli anni parallelamente all’onda mediatica crea il progetto Musicomedians, dando vita insieme ad amici artisti e intellettuali anche a un festival (senza discriminazione di genere e linguaggio) dedicato ai cantautori e approfitta del momento catartico per rituffarsi nella musica, divenendo anche promotore culturale.
Nasce una sorta di antologia di inediti (Ho un sacco di compiti per lunedì) che ripropone con una produzione rinnovata e ricca nell’album “E ci chiamano poeti” (pubblicato al top della sua popolarità mediatica) nel quale compaiono special guest straordinari come Oliviero Malaspina e Davide Van De Sfroos.
E poi, appunto, la consacrazione. Nel 2005 arriva “Siamo una massa di ignoranti. Parliamone”, che contiene tutte le caratteristiche identitarie di Oreglio cantautore (attenzione, non canta-attore). Melodie accattivanti, testi ironici, arrangiamenti appunto prog e una Signora Produzione che gli permette di realizzare un Signor Album.
Ma l’anima popolare del Flavio cantautore, prima o poi, è destinata a riemergere: arriva la collaborazione con Dario Canossi e Oreglio, insieme ai Luf, realizza l’album “Giù!”. Un combat folk che si riallaccia ai Modena City Ramblers e a Van De Sfroos, dove i testi sono critici, pieni d’invettiva gucciniana, sfiorando la cosiddetta canzone civile (pensiamo all’omaggio dedicato a Felicia Impastato o a Kabul) e riportandoci, seppur secondo una struttura più indi, a certi mondi anni Settanta.
È il 2008 e con “Giù!” si conclude, dopo vent’anni, la storia – che oggi risolviamo come back catalogue – del cantautore contromano Oreglio.
Ci piace ricordarlo così, mentre con la sua chitarra sfida il vento contrario della mainstream, investito sull’autostrada dell’omologazione da una critica musicale disattenta e svuotata di sentimenti e ideali.
Certo… forse ci sarebbe piaciuto, ricordarlo così.
Ma nel 2019, a sorpresa, contro ogni previsione Oreglio è risorto con il progetto “Anima Popolare” (guarda caso…) che, da canzone, diventa trilogia. E così, anche questa volta, il cantautore contromano, ci ha preso in contropiede!

Nell’atmosfera di Venere, pianeta della bellezza e dell’Amore, scoperta la “fosfina” compatibile con la vita

 

 

Con una organizzazione come la  Nasa e società private come la  Spaces i Elon Musk e la Virgin Galactic di Richard Branson,  l’esplorazione spaziale sta nuovamente conquistando  milioni di persone in tutto il mondo.

In questa nuova corsa allo spazio, però, l’attenzione sembra essersi focalizzata su un unico pianeta: Marte, il cui nome deriva dal dio greco della guerra. Tutti gli altri pianeti, compresa la Luna, meta molto ambita dalle superpotenze durante la guerra fredda, sembrano eclissarsi di fronte al fascino che riveste il pianeta rosso. Secondo i piani riportati nel Global Exploration Roadmap(documento stilato dalle maggiori agenzie spaziali mondiali per definire le linee guida del futuro dell’esplorazione), infatti, Marte è la meta principale di tutti i principali progetti spaziali futuri, con l’obiettivo, entro il 2040, di portare sulla sua superficie i primi esseri umani, usando lo spazio cis-lunare e la stessa Luna come via di passaggio.

Vi sono tuttavia altri pianeti dal fascino romantico e irresistibile, quale Venere dal nome della dea greca dell’amore e della bellezza. , il secondo pianeta in ordine di distanza dal Sole, chiamato anche il “gemello” della Terra per le dimensioni e la massa (e quindi anche la forza di gravità) di poco inferiori a quelle del nostro pianeta.

 

 

Sulla superficie di Venere  la pressione di 92 atm e la densissima atmosfera (90% più densa di quella terrestre e composta principalmente da anidride carbonica) formano un effetto serra così intenso da rendere il pianeta Venusiano il più caldo del sistema solare. Qui  le nubi di acido solforico circondano il pianeta: letali per l’uomo, queste nubi coprono l’intera visuale della superficie.  Venere quindi sarebbe da escludere per l’ospitalità all’uomo

La superficie di Venere è composta prevalentemente da basalti, sono stati infatti identificati almeno 1.500 vulcani di dimensioni medie-grandi, ma si ipotizza la presenza di un milione di vulcani di dimensioni minori. Circa l’80% della superficie di Venere è formata da pianure vulcaniche che per il 70% mostrano dorsali, e per il 10% sono lisce. Il resto è costituito da due altopiani definiti ‘continenti’, uno nell’emisfero nord e l’altro appena a sud dell’equatore. Fino ad oggi si sono identificati un migliaio di crateri d’impatto, tutti con diametro superiore ai 3 km. A causa della mancanza di dati sismici sappiamo ben poco della superficie venusiana, ma si ipotizza che abbia un nucleo (parzialmente liquido), un mantello (liquido) ed una crosta (solida), esattamente come la Terra.

Una curiosità ferma l’attenzione degli studiosi. A 50 chilometri d’altezza, infatti, la temperatura di Venere raggiunge i 60°C; ancora caldo, certo, ma un calore gestibile senza troppi problemi con le tecnologie a nostra disposizione. Basterebbe salire in quota di qualche chilometro per stare ancora meglio, e ritrovarsi in un confortevole ambiente di 30°C. A quest’altezza la pressione è di circa 1 atm, la stessa che sperimentiamo sulla Terra; considerando che la gravità è simile a quella terrestre…La densità dell’atmosfera Venusiana, inoltre, blocca le radiazioni pericolose: una condizione certamente positiva, soprattutto se comparata alla quasi totale assenza di protezione presente su Marte.

 Nell’atmosfera di Venere è stata individuata la fosfina, gas altamente tossico raro sulla Terra allo stato naturale e usato principalmente come insetticida, che però rappresenta anche un indizio affidabile della presenza di forme di vita. La scoperta è stata realizzata con il telescopio James Clerk Maxwell alle Hawaii e  quello di Atacama in Cile , una equipe di scienziati dell’Università Manchester, di Cardiff e del Massachusetts Institute of Technology e pubblicata su Nature Astronomy.

In viaggio alla scoperta di Venere: il pianeta più romantico del Sistema  Solare

Le quantità di fosfina osservate nell’atmosfera di Venere – è stato spiegato – sono tali da non poter essere state prodotte da processi abiotici. Solo la presenza di organismi viventi sarebbe compatibile con le quantità osservate.

Il Ministro Azzolina: “appello alle forze politiche perchè la scuola rimanga fuori dalla disputa elettorale”

Scuola, Azzolina: «Oltre 2 milioni di nuovi banchi entro ottobre. Test  sierologici a campione agli studenti». Mattarella firma il decreto

Il Ministro Azzolina: “Faccio appello alle forze politiche perchè la scuola rimanga fuori dalla disputa elettorale”

Risuona la campanella : rientrano a scuola oltre 5,6 milioni di alunne e alunni che riprenderanno le lezioni nel sistema scolastico italiano dopo la lunga e forzata pausa del lockdown.        Dati e statistiche comunicati dal  ministero dell’Istruzione, rilevano che  oltre 8,3 milioni di studenti rientrano quest’anno: 7.507.484 negli istituti statali, ai quali si aggiungono i circa 860 mila delle paritarie. 

La scuola è in atto sotto gli occhi di tutti perchè si è registrato un ritardo nella fornitura dei banchi monoposto ed adempimenti connessi al Coronavirus.  Oltre alla complessità della materia occorre tener conto del fenomeno inedito della pandemia. Il ministro Azzolina afferma: ” “Faccio appello alle forze politiche perchè la scuola rimanga fuori dalla disputa elettorale”

Quest’anno, le studentesse e gli studenti delle scuole statali saranno distribuiti in 369.048 classi. Di questi, 876.232 sono iscritti alla Scuola dell’infanzia, 2.384.026 alla Primaria, 1.612.116 alla Secondaria di primo grado, 2.635.110 alla Secondaria di secondo grado. Si registra un leggero calo degli alunni: lo scorso anno erano 7.599.259. Sempre nella scuola statale, studentesse e studenti con disabilità aumentano dai 259.757 di un anno fa ai 268.671 di quest’anno. Di questi, 19.907 frequenteranno la Scuola dell’infanzia, 100.434 la Primaria, 70.431 la Secondaria di primo grado, 77.899 la Secondaria di secondo grado. Nelle Secondarie di II grado statali, 1.327.443 ragazze e ragazzi frequenteranno un indirizzo liceale, 830.860 un Istituto tecnico, 476.807 un Istituto professionale.

PAPA FRANCESCO : “L’UOMO SMETTA DI ODIARE ED ABBI COMPASSIONE VERSO GLI ALTRI”

ALLA FINE L’UOMO SARA’ IN UNA BARA: VUOL PORTARE L’ODIO ANCHE LI’ ? “

 

Papa Francesco spiega la parabola del Re misericordioso e del Servo spietato proposta nel Vangelo di oggi tratto da Matteo: “Troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia”.

Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Così il servo che ha con il padrone un debito enorme, pari a diecimila talenti, lo supplica di attendere finché riuscirà a saldarlo e la sua preghiera tocca il cuore del padrone che, come quello di Dio che qui rappresenta, è un cuore misericordioso.

Il cuore della parabola è l’indulgenza che il padrone dimostra verso il servo con il debito più grande. L’evangelista sottolinea che “il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito”. Un debito enorme, dunque un condono enorme!

Quella stessa indulgenza, quella stessa compassione –  – però, il servo condonato non la dimostra verso un altro servo di quel padrone, un suo pari, che ha un debito con lui molto più piccolo di quello che egli aveva con il padrone. Alla richiesta di quello di avere pazienza finché lo saldasse, la stessa che lui aveva fatto al padrone, però, va su tutte le furie:

Non lo ascolta, inveisce contro di lui e lo fa gettare in prigione finché non avrà pagato il debito. Il padrone viene a saperlo e, sdegnato, richiama il servo malvagio e lo fa condannare.

La differenza di atteggiamento tra il padrone e il servo spietato, che è spesso la stessa differenza di atteggiamento che c’è tra Dio e l’uomo:

Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia. 

A volte non basta la giustizia, quindi, ma “c’è bisogno di quell’amore misericordioso” che ci dimostra il Padre e che, ricorda Francesco, è alla base della risposta che Gesù dà alla domanda di Pietro che nel testo evangelico precede la parabola: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? E Gesù risponde: Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”:

Nel linguaggio simbolico della Bibbia, questo significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!

“CHE L’UOMO SMETTA DI ODIARE”

Il Papa sottolinea, poi, quante siano le relazioni umane in cui è necessario applicare l’amore misericordioso verso il nostro prossimo: nel matrimonio, tra genitori e figli, nelle famiglie troppo spesso distrutte dall’odio tra fratelli, all’interno delle comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica:

Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita!

Francesco racconta poi come celebrando la Messa questa mattina, sia rimasto colpito da una frase contenuta nella Prima Lettura, tratta dal libro del Siracide:

“Ricorda la fine smetti di odiare”, una bella frase. Pensa alla fine: sarai in una bara, vuoi portarti l’odio anche lì?

Se non si perdona, infatti, ricorda il Papa, il “il rancore torna come una mosca fastidiosa”: meglio, quindi, perdonare, per essere a nostra volta perdonati, perché il perdono non è un impeto di un momento, ma uno stile di vita che deve durare per sempre:

E non è facile perdonare perché nei momenti tranquilli uno dice: “Sì ma questi o questo me ne ha fatto di tutti i colori ma anche io ne ho fatte tante. Meglio perdonare per essere perdonato”. Ma poi il rancore torna, come una mosca fastidiosa nell’estate che torna e torna e torna… Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna. Pensiamo alla fine, smettiamola di odiare.

 

NAPOLI: UCCISA DAL FRATELLO CHE NON SOPPORTAVA LA RELAZIONE GAY

 

Napoli. Speronata dal fratello perché ha una relazione con ragazza trans,  cade da scooter e muore - Rai News

Foto Sud Libertà

ACERRA (NAPOLI)

Non sopportava la relazione particolare di sua sorella con altra ragazza gay. Così l’altra notte  Antonio Gaglione, 25 anni,  inforca lo scooter e decide  di seguire le due giovani in moto dirette da Caivano ad Acerra (Napoli) per dare loro -dirà poi agli inquirenti una lezione da ricordare.     Antonio Gaglione per fermare sua sorella Maria Paola in moto la tampona rovinandola insieme all’altra ragazza fuori strada

Volevo darle lezione, era infettata" e uccide la sorella per relazione con  ragazzo trans | L'HuffPost

Imprevisto in agguato: Maria Paola-la sorella- sbatte la testa  contro un tubo e perde la vita  mentre la fidanzata rimane ferita, ancora sanguinante per terra,  anche picchiata dal fratello della vittima…  Il giovane violento viene arrestato dai  carabinieri. della caserma di Acerra. La ragazza ferita è stata portata in una clinica della zona, le sue condizioni non sarebbero gravi.

 Antonio Gaglione ha perso la sorella ed  è ora in carcere per omicidio e violenza privata aggravata da omofobia.

 

Napoli, uccide la sorella perché gay facendola cadere dallo scooter |  Notizie Oggi 24