Messina, indagine “LOCK-DRUGS” – 13 misure cautelari per spaccio di marijuana e cocaina

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Messina – Falcone (ME),
 Una Ordinanza di applicazione di misure cautelari è stata notificata dai Carabinieri di P.G. (Messina) nei confronti di tredici persone, ritenute responsabili, a vario titolo, del reato di spaccio di sostanze stupefacenti di tipo marijuana e cocaina, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti (ME), su richiesta della Procura della Repubblica di Patti guidata dal Procuratore Capo.
Si tratta di tredici misure cautelari di cui: una degli arresti domiciliari, sei di obbligo di dimora nei rispettivi comuni di residenza con prescrizioni per i destinatari di non allontanarsi dalle loro abitazioni dalle ore 21:00 alle ore 07:00 di tutti i giorni, e sei di obbligo di presentazioni alla Polizia Giudiziaria.
L’attività di indagine è nata da alcune segnalazioni, ricevute dai Carabinieri della Stazione di Falcone (ME), relative a possibili attività di spaccio di sostanze stupefacenti, specie tra giovanissimi, principalmente ad opera di due soggetti di Falcone già noti ai militari. I primi riscontri, operati per circostanziare quanto segnalato, hanno consentito di effettuare il rinvenimento di sostanze stupefacenti nonché l’acquisizione di messaggistica avvenuta tramite i moderni sistemi di comunicazione dei social network, ritenuta meno vulnerabile sotto il profilo del monitoraggio investigativo. In tale fase i Carabinieri hanno anche acquisito le denunce della madre di un consumatore di sostanze stupefacenti che si era appropriato di beni di famiglia per venderli ed impiegarne il ricavato nell’acquisto di droga.
I primi riscontri investigativi hanno consentito al sostituto Procuratore della Repubblica di Patti, di delegare ai Carabinieri della Stazione di Falcone ulteriori indagini anche attraverso lo sviluppo di attività tecniche di intercettazione di comunicazioni telefoniche e di videosorveglianza mediante l’istallazione di telecamere all’esterno dell’abitazione di uno degli indagati, assiduamente frequentata da consumatori di droghe. 
L’esito delle investigazioni condotte con l’impiego di intercettazioni telefoniche e con l’espletamento dei tradizionali servizi di Polizia Giudiziaria tra cui osservazioni, controlli e pedinamenti, ha portato all’emersione di una più vasta attività di spaccio di marijuana e cocaina che ha consentito di allargare l’ambito delle indagini, sia soggettivamente che geograficamente, portando alla luce l’operatività di altri soggetti attivi nell’ambito territoriale compreso tra Falcone e Barcellona P.G., passando per Terme Vigliatore e Mazzarrà S. Andrea.
I partecipanti al gruppo criminale investigato hanno palesato, benché alcuni di giovane età, grande esperienza nel settore dello spaccio delle droghe, adottando accorgimenti per eludere la Polizia Giudiziaria, quasi mai sbilanciandosi telefonicamente e comunicando sistematicamente mediante uso di linguaggio codificato e tramite canali social, in particolare WhatsApp e Instagram, indicando le droghe contrattate con nomi convenzionali del tipo “Ciccia”, “Bomba”, “Caffè”, “Basilico”, “Medicina”, “Schedina”, “Computer verde”, “Sigaretta”.
L’attività si spaccio di stupefacenti non si è interrotta neppure durante il periodo di lockdown imposto dall’emergenza epidemiologica della pandemia da covid-19, e l’attivismo nell’attività di vendita al dettaglio dello stupefacente anche in quel periodo di stringenti limitazioni ha dato lo spunto per il nome dell’operazione. Ma la pandemia, è stata anche un’opportunità di guadagno per gli spacciatori infatti le restrizioni hanno reso più difficoltosa la circolazione della droga sul mercato e l’effetto è stato quello di fare lievitare i prezzi al dettaglio della sostanza stupefacente, raddoppiando il costo di un grammo di marijuana, pagato anche 20,00 euro dai consumatori al grammo. 

Palermo, “Operazione BIVIO”, una custodia cautelare per 8 mafiosi-estortori e vandali incendiari

89,542 Foto Mafioso, Immagini e Vettoriali

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 Palermo
 Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, è stata notificata dai  Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo a  8 indagati (7 in carcere e 1 ai domiciliari), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, danneggiamento seguito di incendio.
L’indagine, seguita da un pool di magistrati coordinati dal Procuratore Aggiunto dottore Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Palermo T.N. che ha consentito di comprovare la perdurante operatività di quell’articolazione di cosa nostra.
La ricostruzione dei fatti che segue è fondata sui gravi indizi di colpevolezza prospettati dalla D.D.A.- Sezione territoriale di Palermo e ritenuti dal GIP.
Nel corso degli ultimi anni, il dispositivo di contrasto a “Cosa Nostra” di cui si è dotato il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, ha consentito di sviluppare un percorso investigativo che ha permesso l’esecuzione di numerose operazioni nei confronti degli esponenti del mandamento mafioso di T.N. tra cui “OSCAR” (2011), “APOCALISSE” (2014), “TALEA” (2017), “CUPOLA 2.0” (2018/2019), “TENEO” (2020). 
L’indagine “BIVIO”, oggi giunta ad un secondo momento repressivo, dopo il fermo del 26 gennaio 2021, ruota attorno alla figura di G.C., il quale, tornato in libertà nel mese di maggio 2019, si ritrovava sottoposto a F.P., designato quale proprio sostituto da C.L.P., nuovo capo del mandamento di T.N., così come emerso nell’indagine CUPOLA 2.0.      
Nel corso delle attività veniva quindi monitorato il percorso attraverso il quale C., dapprima si trasferiva a Firenze per prendere le distanze con la manovra di riassetto mafioso che non condivideva e poi, dopo aver costretto F.P. ad auto ritirarsi dalla sua carica direttiva, rientrava a Palermo da reggente consolidando e ricompattando attorno a sé la componente soggettiva del mandamento anzidetto. 
La seconda tranche dell’indagine “BIVIO” ha consentito di far luce, altresì, su una serie di gravi reati commessi dagli odierni arrestati ivi compreso G.C. ed il figlio F., ponendo altresì l’accento sul settore delle scommesse on line la cui gestione fa registrare la stabile infiltrazione delle consorterie mafiose.  
Uno dei soggetti raggiunti da provvedimento restrittivo, infatti, è G.V., palermitano trasferitosi a Firenze, il quale, grazie agli accordi siglati con G.C. e A.V., commercializzava i propri siti per le scommesse on line sul territorio del mandamento di T.N., riconoscendo parte degli utili alla compagine mafiosa. 
Le risultanze investigative complessivamente acquisite, ad ogni modo, rendono evidente la particolare pressione estorsiva ed impositiva esercitata dagli esponenti mafiosi nei confronti delle imprese operanti sul territorio, tanto che venivano ricostruite 11 vicende estorsive/impositive consumate o tentate di cui 2 denunciate spontaneamente dalle vittime commesse con violenza ovvero attraverso atti intimidatori tra i quali vanno annoverati; l’incendio commesso in danno di un esercizio commerciale di Sferracavallo, attentato che è stato ricondotto al tentativo ordito da C.F., C.G. e V.F., di farsi assegnare la gestione del locale, attuato anche mediante l’incendio programmato quale evento utile a vincere le resistenze del titolare; l’incendio in danno del cantiere edile finalizzato alla realizzazione della rete fognaria di Sferracavallo, evento anche questo programmato al fine di ottenere, da parte di V.A. e T.V., il subappalto di alcune lavorazioni; l’incendio in danno del furgone di una società di costruzioni, le cui motivazioni rimangono non del tutto decifrate, registrato in diretta dalle microspie degli investigatori; l’intimidazione in danno di una società edile che stava svolgendo lavori di ristrutturazione di un immobile ubicato a Sferracavallo, al fine di ottenere la commessa per i lavori di impiantistica in favore di V.A.; il tentativo di vietare, da parte di T.V., la possibilità di svolgere lavori di scavo nella zona di Sferracavallo ad un imprenditore, rivendicando la potestà sul territorio che consentiva soltanto a T. e A.F. la possibilità di svolgere lavori di scavo nel territorio dell’intero mandamento; l’estorsione in danno di un cantiere edile di Sferracavallo commessa da V.A. e T.V. i quali riuscivano a farsi assegnare parte delle lavorazioni di cantiere; l’estorsione in danno di un commerciante di T.N., già oggetto di contestazione nell’ambito del fermo, che è stata estesa, quanto alle responsabilità individuali, a G.F.;  l’estorsione in danno di un cantiere edile di T.N., già oggetto di contestazione nell’ambito del fermo, che è stata estesa, quanto alle responsabilità individuali, a T.V.; la sistematica realizzazione, di “cavalli di ritorno” che consentivano agli affiliati di realizzare ingenti guadagni facendosi consegnare denaro per la restituzione di veicoli oggetto di furto.

 

 

Scoperti dalle Fiamme gialle 9 agenti della Polizia Locale a Reggio Calabria autori di reati per induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata

REGGIO CALABRIA

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno eseguito, in data odierna, un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di 2 agenti della Polizia Locale di Reggio Calabria e della misura cautelare personale interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio rivestito per la durata di dodici mesi nei confronti di altri 7 agenti, nonché sottoposto alla misura cautelare reale del sequestro preventivo una depositeria giudiziaria autorizzata, iscritta all’Albo Prefettizio, per i reati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata.

Le investigazioni, eseguite dalla Compagnia Reggio Calabria e coordinate dalla locale Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Dott. Giovanni Bombardieri, sono scaturite dalla denuncia presentata ad ottobre 2020 da un cittadino extra–comunitario, venditore ambulante munito di regolare licenza, che aveva rappresentato di aver subìto un furto della merce che esponeva in vendita, da parte di due soggetti ignoti, poi risultati essere due agenti di Polizia Locale (A.M. – cl. ’78 e C.G. – cl.’75), odierni arrestati, senza la redazione e il rilascio di alcun verbale di sequestro amministrativo o di contestazione.

Le attività investigative preliminari hanno consentito di appurare, anche tramite l’acquisizione e l’analisi di video-registrazioni, la veridicità di quanto denunciato dall’ambulante: lo stesso, infatti, era stato, a tutti gli effetti, vittima di un’ingiustificata appropriazione della merce esposta da parte di due pubblici ufficiali, in abuso della loro qualità, nonostante l’esibizione della licenza autorizzatoria, la quale, visionata dagli indagati, veniva lanciata in direzione dell’extra–comunitario, senza la restituzione della merce indebitamente appresa.

Da un successivo sviluppo dei primi input investigativi, sotto il coordinamento del Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni e sotto la direzione del Sostituto Procuratore della Repubblica Dott.ssa Alessia Giorgianni, le fiamme gialle reggine hanno rilevato come diversi altri appartenenti alla Polizia Locale del capoluogo reggino (F.D. – cl. ’63, C.V. – cl. ’71, S.C. – cl. 67, C.M. – cl. ’78, F.U.F. – cl. ’71, M.G. – cl. ’71 e C.P. – cl. ’77) sottraessero sistematicamente, nell’ambito degli ordinari servizi finalizzati al contrasto dell’abusivismo commerciale, la merce esposta per la vendita da ambulanti di origini extra-comunitarie, senza provvedere alla redazione e al rilascio di verbali di sequestro amministrativo o di altri atti, ma procedendo alla successiva pubblicazione, sull’Albo Pretorio del Comune, di verbali di rinvenimento di merce redatti nei confronti di soggetti ignoti.

E’ stato possibile, altresì, constatare come due poliziotti locali reggini, sottoposti ai domiciliari (A.M. – cl. ’78 e C.G. – cl. ’75) avessero messo in piedi un sodalizio finalizzato alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare, unitamente a tre soggetti (S.B. – cl. ’74, I.A.D. – cl. ’94 e S.D.F. – cl. ’75) a cui sono riconducibili due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli, una delle quali è una depositeria giudiziaria autorizzata – oggi sottoposta a sequestro – con l’intento di trarne dei guadagni illeciti.

In particolare, i due pubblici ufficiali, trovate sulla pubblica via autovetture sprovviste della necessaria copertura assicurativa, anziché procedere alla contestazione delle violazioni del caso o alle operazioni di sequestro amministrativo, inducevano i proprietari dei veicoli ad affidare gli automezzi in questione ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni. Questi ultimi, in accordo con i due agenti di Polizia Locale, dietro il pagamento di un corrispettivo di denaro in contanti, procedevano, successivamente, alle operazioni di rimozione e di rottamazione. Da tali modalità operative, indebitamente, traevano vantaggio economico le due imprese: l’una, autorizzata, i cui gestori operavano nelle vesti di incaricati di pubblico servizio, praticando prezzi di gran lunga superiori a quelli previsti dalla convenzione con il Comune, e omettendo, integralmente, di versare una percentuale degli indebiti introiti a titolo di canone concessorio (non esistendo alcuna verbalizzazione delle contravvenzioni rilevate dai pubblici ufficiali), e l’altra, in totale assenza di qualsivoglia legittimazione a intervenire in rimozione di veicoli per conto del Comune di Reggio Calabria, riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa.

In altri casi si è persino accertato come i due agenti in argomento sponsorizzassero le imprese operanti coinvolte nel disegno criminoso, prospettando vantaggi e convenienze di vario genere anche quando i contravventori di turno riferivano di conoscere già dei conducenti di carroattrezzi di propria fiducia. Il risultato di tali condotte, grazie anche al potere deterrente delle ingenti sanzioni amministrative prospettate, era il maturato convincimento dei cittadini ad affidarsi alle imprese facenti capo agli indagati. Un espediente a cui facevano ricorso i due agenti di Polizia Locale era quello di preavvisare i referenti delle imprese di rimozione di veicoli, indicando loro, preventivamente, il luogo delle operazioni, in modo che al momento della loro attivazione, gli stessi potessero repentinamente giungervi.

Tale meccanismo, infatti, costringeva i contravventori di turno a versare, in ogni caso, la somma prevista per il “diritto di chiamata”, la quale è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita purché il carroattrezzi giunga entro venti minuti dalla chiamata. In diverse occasioni, gli indagati discutevano del valore di mercato di determinate autovetture, individuate nel corso dei loro “interventi”: i pubblici ufficiali, addirittura, richiedevano ai referenti delle imprese di rimozione di veicoli se i mezzi fossero di loro gradimento, in modo da decidere, in base alla risposta ricevuta, se procedere effettivamente al sequestro amministrativo o meno; di conseguenza, laddove non vi fosse interesse, si procedeva solo in un secondo momento con le obbligatorie verbalizzazioni del caso.

L’interesse in questione è risultato talvolta essere circoscritto a singole componenti degli autoveicoli, alimentando un vero e proprio business sui pezzi di ricambio: alcuni veicoli, difatti, sono stati concretamente cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati, di pezzi da applicare ad autovetture loro o di amici. Laddove, invece, i due agenti della Polizia Locale si rendevano conto del fatto che i veicoli sanzionabili fossero riferibili a familiari di loro colleghi, si adoperavano per riferire la circostanza a questi ultimi, così da evitare di procedere con la verbalizzazione. In un caso, uno degli indagati ha invitato espressamente il proprio interlocutore (uno dei titolari di fatto della depositeria giudiziaria autorizzata) a spostare un furgone, cosicché lo stesso non potesse essere visto da un suo superiore, con cui in quel frangente era impattugliato. Il timore dell’indagato era quello che il superiore presente avrebbe proceduto a elevare le contestazioni e operare il sequestro del mezzo.

Alla luce di ciò, il G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, Dott.ssa Vincenza Bellini, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha emesso un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di 2 agenti di Polizia Locale (A.M. e C.G.) della misura cautelare personale interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio rivestito per la durata di dodici mesi nei confronti di altri 7 agenti (F.D., C.V., S.C., C.M., F.U.F., M.G. e C.P.) e della misura cautelare reale del sequestro preventivo nei confronti di una delle imprese operanti con i pubblici ufficiali indagati. Al provvedimento cautelare in parola è stata data esecuzione, nella mattinata odierna, da parte delle Fiamme gialle reggine, che hanno anche proceduto anche all’effettuazione di perquisizioni presso i luoghi rientranti nella disponibilità degli indagati. 

L’Etna flagella i paesi con copiosa sabbia vulcanica, divieti per i mezzi a due ruote e limite di 30 Km/h per le auto

Emergenza sabbia vulcanica / I sindaci di Milo, Sant'Alfio, Santa Venerina  e Zafferana scrivono al governatore Crocetta: "Si attivi una somma urgenza"  - La Voce dell'Jonio

 

Aci Sant’Antonio ,Caruso: “Caduta mole elevatissima, troppi i pericoli”

Superati i cinquanta parossismi, l’Etna continua a flagellare i paesi pedemontani con copiose ricadute di sabbia vulcanica.
L’ultimo, annunciatosi all’alba di oggi, martedì 20 luglio 2021, ha riversato una gran quantità di materiale piroclastico, molto sottile, anche su Aci Sant’Antonio, spingendo il Sindaco, Santo Caruso, a emettere apposita Ordinanza, la numero 80, per cercare di ridurre i rischi per chi si mette su strada: su tutte le strade del territorio viene vietata la circolazione ai mezzi a due ruote e viene ridotto il limite di velocità per le automobili a 30 km/h, fino al cessare dell’emergenza dettata dalla sabbia presente sul manto stradale.
“Ci troviamo di fronte all’ennesima emergenza – ha dichiarato il primo cittadino – e sta diventando molto difficile gestire quasi quotidianamente situazioni del genere. Abbiamo attivato i centri di raccolta per la sabbia in due punti del territorio, e avevamo già previsto una nuova raccolta porta a porta, che partirà già domani.
Adesso si cerca di limitare gli effetti sul territorio: con l’ultima Ordinanza proviamo a portare al minimo i rischi per la circolazione,posto che comunque abbiamo avviato un nuovo intervento sulle strade per la rimozione della sabbia.
“Va detto, però – ha concluso – che è necessario avere sostegni costanti da parte del Governo, e quindi l’auspicio è che quanto discusso in questi giorni, e in queste ore, si concretizzi nel modo migliore per poterci affiancare in questo che è diventato un vero e proprio dramma”.

Palermo, arresti domiciliari e provvedimenti interdittivi nei confronti di soggetti legati alla Mafia

PALERMO

Fiammeggiante mattinata oggi    in alcuni comuni siciliani quali  di Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello, dove i Carabinieri e i Finanzieri delle Compagnie di Partinico hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, su richiesta di quella Procura della Repubblica, con la quale sono stati applicati gli arresti domiciliari nei confronti di tre soggetti (amministratori di diritto e di fatto di imprese operanti nel settore dei rifiuti e già destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia per comprovati collegamenti con esponenti mafiosi del mandamento di San Giuseppe Jato), l’obbligo di dimora nei confronti di un soggetto (amministratore di diritto e socio di alcune delle prefate imprese) e la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un dipendente comunale del Comune di Partinico, che secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e quote societarie, inadempimento di contratti per pubbliche forniture, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio.

L’attività d’indagine ha avuto origine nel settembre 2018, a seguito di un attentato incendiario a danno di alcuni mezzi e strutture dell’autoparco del Comune di Partinico.

L’immediato intervento dei carabinieri della Compagnia di Partinico ha consentito di avviare una attività investigativa, anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso della quale sono emersi verosimili elementi di connessione tra l’atto intimidatorio e una procedura di affidamento per il nolo dei mezzi destinati al servizio di raccolta dei rifiuti che l’Ente locale aveva aggiudicato alla CO.GE.SI. S.r.l.

Al riguardo, i militari dell’Arma hanno captato una presunta connivenza tra il dipendente comunale e gli amministratori di diritto e di fatto dell’azienda che si sarebbe concretizzata in omesse contestazioni per gravi inadempimenti contrattuali (dovuti al nolo di mezzi in misura inferiore a quella dichiarata, nell’impiego di mezzi privi di revisione e/o non iscritti all’Albo dei Gestori Ambientali), le mancate messa in mora e risoluzione del contratto nei confronti della CO.GE.SI. S.r.l. nonché l’omessa comunicazione all’A.N.A.C. della prematura interruzione del rapporto contrattuale. I successivi approfondimenti analitico-documentali e l’esame dei flussi finanziari delegati dalla Procura della Repubblica di Palermo ai militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Partinico hanno consentito di accertare che gli indagati, attraverso dei crediti sorti in capo ai soci e relativi a spese risultate fittizie per l’acquisto di carburante nonché ad altre operazioni simulate con una ditta individuale di fatto riconducibile agli indagati, avrebbero architettato un fittizio aumento del capitale sociale della CO.GE.SI. S.r.l. con il mero fine di accrescere la solidità economico-finanziaria e patrimoniale dell’azienda ed accedere così a bandi di gara più consistenti, inducendo in errore la pubblica amministrazione e continuando ad arricchirsi indebitamente con l’aggiudicazione illecita degli appalti indetti da vari Enti locali per la gestione dei rifiuti.

Inoltre, i Finanzieri hanno constatato che gli indagati hanno distratto l’intero patrimonio aziendale della CO.GE.SI. S.r.l., portandola al fallimento, “reinvestendo” i capitali per il soddisfacimento di interessi personali con l’acquisto di immobili e beni di lusso (tra cui imbarcazioni, orologi e supercars) e costituendo la nuova ECO INDUSTRY S.r.l. con sede in San Giuseppe Jato (PA) per la commissione dei medesimi delitti.

Nel provvedimento cautelare, sulla scorta del grave quadro indiziario raccolto dall’accusa, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei profitti derivanti dalla bancarotta fraudolenta e dall’utilizzo di false fatturazioni, del complesso aziendale della ECO INDUSTRY S.r.l., di un immobile situato a San Cipirello e di due autovetture di lusso, per un valore complessivi di oltre 2 milioni e mezzo di euro.

Mafia: OPERAZIONE “GEOLJA” 21 indagati e 12 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso

Tutti i reparti speciali dell'Arma dei Carabinieri

 

REGGIO  CALABRIA
Mafia del Clan “Piromalli” in ginocchio.  Oggi  nella provincia di Reggio Calabria ed in quelle di Brescia e Milano, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dei Reparti territorialmente competenti, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, del Nucleo Carabinieri Cinofili, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo Dott. Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione all’“Ordinanza di applicazione di misure cautelari” emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria – Dott. Valerio Trovato, su richiesta del Procuratore Aggiunto Dott. Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Dott.ssa Giulia Pantano – nei confronti di 12 persone ritenute responsabili, a vario titolo ed in concorso tra loro, di associazione a delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e illecita concorrenza con minaccia o violenza con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso.
Ventuno in totale il numero degli indagati, di cui dodici soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi, tutti originari della Provincia di Reggio Calabria,
Arma dei Carabinieri - Wikipedia
Stemma Arma Carabinieri
L’operazione, convenzionalmente denominata «Geolja», prende il nome dal primo nucleo abitativo sorto in epoca medievale attorno al quale successivamente si è esteso l’agglomerato urbano dell’odierno centro di Gioia Tauro. L’attività investigativa ha consentito di colpire il sodalizio criminale facente capo alla storica famiglia mafiosa dei «Piromalli» operante a Gioia Tauro, nonché di coinvolgere nell’inchiesta anche alcuni esponenti della cosca «Pesce» di Rosarno. 
L’odierno provvedimento giunge all’esito di una complessa ed articolata attività d’indagine condotta dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, sotto il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria Distrettuale, nel periodo compreso tra il mese di agosto 2018 ed il mese di maggio 2020, dove è stato determinante il contributo dell’attività investigativa posta in essere dagli inquirenti, che è stata messa in correlazione con le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia ed altre importanti acquisizioni documentali.
La genesi dell’inchiesta è legata ad un danneggiamento seguito da incendio di un panificio nel Comune di Gioia Tauro, avvenuto nel mese di agosto 2018, quando alcuni soggetti rimasti ignoti, dopo aver manomesso l’impianto di videosorveglianza di un bar limitrofo, si sono introdotti nella parte retrostante del panificio appiccando le fiamme a diverse aree dell’esercizio commerciale, inclusi il punto vendita e i laboratori, nonché parte del deposito attiguo al punto vendita stesso. Solo l’intervento dei Vigili del Fuoco di Palmi e del personale della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro ha permesso di evitare ulteriori conseguenze.
A seguito del grave atto incendiario, gli inquirenti hanno scoperto un complesso contesto delinquenziale nel quale i vari esercizi commerciali venivano ciclicamente taglieggiati e controllati, dalle consorterie mafiose locali, nelle loro scelte di dettaglio e nelle strategie imprenditoriali.
Le cosche di ‘ndrangheta infatti, in virtù della forza intimidatrice derivante dalla loro appartenenza al vincolo associativo, mettevano in atto un vero e proprio controllo del territorio e delle attività commerciali locali, mediante riscossione di somme di denaro, beni e altri prodotti a titolo estorsivo. Pertanto, i commercianti dovevano sottostare alle loro regole ed adeguarsi ai prezzi imposti, ai periodi ed alla lunghezza delle ferie, che dovevano essere concordate con le attività commerciali limitrofe. Una vera e propria morsa che attanagliava i vari esercizi commerciali, al punto da costringere i piccoli imprenditori a voler fuggire dalla realtà locale per cercare fortuna altrove, specialmente verso il Nord Italia.
In merito risulta essere emblematico il commento esternato da alcuni commercianti di Gioia Tauro, i quali definivano il controllo posto in essere da uno dei membri della consorteria mafiosa dei “Piromalli” nei confronti della loro attività commerciale, come “l’occhio bionico”, a significare che gli stessi si sentivano monitorati, o meglio, spiati dalla criminalità organizzata.
La corresponsione dei proventi delle estorsioni garantiva la copertura idonea alle aziende: una sorta di protezione mafiosa per cui le imprese venivano in un certo senso “regolarizzate” ed autorizzate ad esercitare l’attività commerciale.
Alcuni episodi di taglieggiamento sono apparsi singolari nella loro attuazione pratica, come ad esempio l’estorsione posta in essere sotto forma di vendita di blocchetti di biglietti per una presunta lotteria per le festività pasquali, dal cui acquisto i commercianti non si potevano esimere per timore di eventuali ritorsioni mafiose. Altrettanto atipica è risulta essere la modalità di pagamento di una trance estorsiva, effettuata con la consegna ad uno degli esponenti della cosca “Piromalli” di € 500.00 nascosti all’interno di un panino.
Un contesto, quello della Piana di Gioia Tauro, ove la criminalità organizzata la faceva da padrona, imponendo una concorrenza illecita mediante violenza e minaccia e  dove le vittime erano costrette ad allinearsi sui prezzi delle singole merci, sugli orari di apertura, sui periodi di chiusura e persino sui periodi di chiusura. Di fatto un ambito dove era praticamente azzerata la libera concorrenza ed il territorio risultava essere suddiviso tra le singole famiglie della ‘ndrangheta, come confermato anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Inoltre, gli inquirenti hanno potuto dimostrare, nel corso delle investigazioni, anche l’intestazione fittizia di alcune attività commerciali, le quali erano effettivamente gestite da rappresentanti delle cosche locali che preferivano però non figurare in qualità di intestatari, allo scopo di eludere i controlli delle Forze di Polizia o aggirare eventuali difficoltà per l’ottenimento di autorizzazioni varie ai fini burocratici.
L’operazione colpisce alcuni dei soggetti vicini alle più potenti cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, proprio nelle attività illecite essenziali alla conservazione e mantenimento del potere mafioso. La volontà di controllare gli esercizi commerciali della zona e di riscuotere il “pizzo”, mediante metodologie che si discostano da quelle classiche, è finalizzata non solo all’arricchimento economico dei membri delle consorterie mafiose, ma soprattutto ad imporre il proprio carisma criminale e non mettere in discussione la forza intimidatrice delle cosche nel mantenimento della pax mafiosa.
Il capillare controllo del territorio, le capacità informative e gli efficienti approfondimenti investigativi dei Carabinieri sotto il coordinamento e indirizzo dell’Autorità Giudiziaria, attraverso una strategia investigativa oculata, hanno consentito di individuare quelle attività delittuose tipiche della ‘ndrangheta, attraverso le quali le consorterie influenzano le dinamiche economiche dei territori.
Nell’ambito dell’attività d’indagine, infine, L’Autorità giudiziaria distrettuale ha anche emanato un decreto di sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale, nei confronti di 6 aziende di Gioia Tauro, in particolare un panificio, un lido, una concessionaria, un distributore di benzina, un autolavaggio ed un’impresa di rivendita di pietre da costruzione, i quali erano fittiziamente intestati a soggetti di Gioia Tauro, mentre in realtà erano gestiti da membri delle consorterie mafiose, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale e di agevolare la commissione di reati di riciclaggio.

 

Messina, Aree demaniali e attività balneari: Ordinanza di De Luca a garanzia del decoro dei litorali cittadini

Foto Ufficio Stampa Comune Messina

Messina

 Un’ordinanza a firma del Sindaco di Messina Cateno De Luca si sofferma sulla  disciplina delle aree demaniali marittime e delle attività balneari per la stagione estiva 2021…   Essa dispone  la rimozione ed il successivo smaltimento di tutto ciò che, giacente sugli arenili, possa essere assimilato ad un rifiuto,  con particolare riferimento a imbarcazioni, strutture ricettive per attrezzi e/o persone, apparecchiature, o parti di esse, che versino in evidente stato di deterioramento, che ne precluda qualunque tipo di utilizzo, al fine di garantire il rispetto delle norme igienico-sanitarie e il decoro urbano lungo i litorali nord e sud della Città.

L’Ordinanza  invita altresì la cittadinanza, ad attenersi alle condizioni generali, già in vigore, di utilizzo delle aree demaniali marittime elencate all’art. 3 della ordinanza n. 143. In dettaglio, alare e varare unità da diporto di qualsiasi genere ad eccezione di quelle trainate a braccia; lasciare unità in sosta sulle aree demaniali marittime; lasciare incustoditi dalle ore 21 alle 9, sulle spiagge libere, ombrelloni, sedie a sdraio, tende e altre attrezzature; occupare con ombrelloni, sdraio, sedie, sgabelli, teli ed altre attrezzature balneari, nonché mezzi nautici, la fascia di ml. 5 dalla battigia, destinata esclusivamente al libero transito ed alla sicurezza della balneazione con divieto di permanenza esclusi i mezzi nautici di soccorso; campeggiare accendere fuochi e pernottare con qualsiasi tipo di attrezzatura; transitare e/o sostare con qualsiasi tipo di veicolo, motociclo e ciclomotore, compreso aeromobili, ad eccezione di quelli destinati alla pulizia delle spiagge, al soccorso, e dei mezzi motorizzati utilizzati da portatori di handicap atti a consentire autonomia nei loro spostamenti; praticare qualsiasi gioco od esercizio sportivo (calcio, tennis da spiaggia, pallavolo. basket, bocce, ecc.) se può derivarne danno o molestia alle persone, turbativa alla pubblica quiete nonché nocumento all’igiene dei luoghi; tenere il volume degli apparecchi a diffusione sonora ad un livello tale da costituire disturbo per la quiete pubblica; esercitare attività ed organizzare manifestazioni senza le autorizzazioni previste dalle normative vigenti in materia; consumare bevande, alcoliche e non alcoliche, in contenitori di vetro sulle aree demaniali, ivi comprese le spiagge e gli arenili; gettare in mare o lasciare nelle cabine o sugli arenili rifiuti di qualsiasi genere al di fuori degli appositi contenitori; distendere o tinteggiare reti; introdurre ed usare bombole di gas o altre sostanze infiammabili senza l’autorizzazione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco; installare gazebo, anche se aperti, o strutture simili in sostituzione degli ombrelloni; ed infine, condurre animali nella fascia oraria 9-19 al di fuori delle aree specificatamente attrezzate e delle aree in concessione riservate alla balneazione.

Gli operatori economici oltre ad attenersi al rispetto delle suddette regole, ai sensi dell’art.4 per assicurare un adeguato servizio al pubblico, i titolari di concessioni demaniali marittime devono garantire l’apertura degli stabilimenti balneari e delle spiagge attrezzate in conformità al titolo concessorio di cui sono titolari e nel rispetto delle disposizioni regionali che decretano l’apertura e la durata della stagione balneare. Nei periodi di apertura il concessionario o gestore dovrà curare il decoro, l’estetica, l’igiene, la funzionalità e la sicurezza dello stabilimento e provvedere manutenzione e pulizia delle aree in concessione e dello specchio acqueo antistante.

Non costituiscono rifiuti urbani i materiali provenienti dal mare quali alghe, tronchi ecc. per i quali l’eventuale raccolta e smaltimento resta a carico del concessionario. Il concessionario è tenuto alla pulizia del bene demaniale oggetto della concessione demaniale marittima e della sua manutenzione e conservazione, con facoltà di accedervi, previa autorizzazione demaniale, anche con mezzi meccanici strettamente necessari alle operazioni predette; a garantire per tutto l’anno la pulizia degli spazi utilizzati e di quelli limitrofi non oggetto di altre concessioni, per una lunghezza pari al fronte mare demaniale marittimo ricevuto in concessione, da entrambi i lati e per tutta la profondità della fascia demaniale interessata. In caso di area interposta fra due concessionari gravati entrambi dall’obbligo della pulizia, ciascun concessionario garantisce la pulizia dell’area adiacente alla propria concessione per una quota-parte che rappresenta il 50% del totale dell’area interposta.

L’Ordinanza prosegue con l’ obbligo  di assicurare la manutenzione, l’igiene, la sicurezza e la pulizia dei manufatti ammessi in conformità alle norme edilizie ed urbanistiche, che dovranno essere realizzati e mantenuti oltre che nel rispetto del decoro, anche nel rispetto della normativa urbanistico ed edilizia vigente. Gli accessi alla spiaggia oggetto di concessione, i servizi e le altre attrezzature dedicate devono essere conformi alla normativa sull’abbattimento delle barriere architettoniche.

I servizi igienici degli stabilimenti balneari devono essere collegati alla rete fognaria comunale ovvero essere dotati di sistema di smaltimento riconosciuto idoneo dalla competente autorità. “Il rispetto delle suddette disposizioni è indispensabile per assicurare il decoro urbano nei tratti di spiaggia libera lungo le coste cittadine a nord, Capo Peloro e a sud Santa Margherita, necessario e fondamentale per la realizzazione del Progetto Pilota “Aspettando la Bandiera Blu”…

Corruzione: fermato ex funzionario Policlinico ed imprenditore, sequestrate 260 mila euro

 

Palermo

Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i Finanzieri del locale Comando Provinciale, in collaborazione con i Carabinieri del NAS, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo con la quale sono stati applicati gli arresti domiciliari nei confronti di n. 2 soggetti: – un ex segretario del Dipartimento dei servizi centrali dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo; – un ex rappresentante legale di una Cooperativa Sociale, con sede a Messina, indagati per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio unitamente ad altri n.3 soggetti.

Con il medesimo provvedimento, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per 260.000 euro quale prezzo e profitto della corruzione.

L’indagine avviata su segnalazione dell’azienda ospedaliera, ha evidenziato gravi anomalie nella gestione del servizio di trasporto ammalati all’interno del nosocomio, appaltato ad una cooperativa sociale nel 2012 e svoltosi sino al 2018, con una spesa preventivata pari a 4,5 milioni di euro.

Il pubblico funzionario aveva, infatti, attestato la conformità delle fatture rilasciate dalla società nonostante fossero prive dei documenti e delle informazioni previste dal capitolato speciale d’appalto con particolare riguardo all’indicazione specifica dei servizi resi e nonostante fossero stati addebitati all’ente pubblico costi inerenti al personale già compresi nelle prestazioni remunerate.

Per effetto di tali atti contrari ai doveri d’ufficio l’azienda ospedaliera ha sostenuto un maggiore costo pari a euro 3.367.800.

I successivi approfondimenti delegati agli specialisti del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, svolti attraverso complesse indagini finanziarie e riscontri documentali, hanno consentito di contestare un patto corruttivo fra il legale rappresentante della cooperativa e il pubblico funzionario, remunerato per la sua infedeltà con 130.000 euro, corrisposti attraverso sofisticati stratagemmi per “schermare” gli illeciti flussi finanziari.

In un caso la cooperativa ha corrisposto su un conto corrente cointestato con la figliastra del dipendente pubblico e al coniuge, la somma di € 80.000, poi pervenuta nella diretta disponibilità dello stesso dipendente pubblico, artificiosamente giustificata dalla volontà di risolvere bonariamente una potenziale controversia di lavoro a fronte di una prestazione irregolare svolta dalla medesima nei confronti della cooperativa, rapporto che si ritiene non sia in realtà mai avvenuto.

In un’altra circostanza, una società immobiliare di fatto collegata alla citata cooperativa, ha bonificato su un conto corrente, cointestato al pubblico funzionario e a un’anziana signora, ulteriori 50.000 euro.

Per giustificare il pagamento la società ha acquistato dalla donna un’immobile fatiscente, contestualmente concesso in locazione alla suddetta cooperativa che, al di fuori da ogni logica commerciale, versava immediatamente proprio la somma di 50.000 euro come pagamento anticipato dei canoni di locazione per un periodo di sei anni, somma poi entrata definitivamente nella disponibilità del pubblico funzionario.

L’odierna attività evidenzia, ulteriormente, il perdurante impegno della Procura della Repubblica di Palermo, per il contrasto della corruzione e delle più gravi forme di reato contro la Pubblica Amministrazione che sottraggono alla collettività risorse pubbliche, incidendo pesantemente anche sulla qualità dei servizi forniti ai cittadini, soprattutto in un settore delicato come quello della sanità.

Zona arancione per sei regioni, in calo i contagi

 

Dopo l'emergenza Covid, l'ospedale di Molfetta operativo con tutti i reparti

 

Con una nuova Ordinanza del Ministro Speranza l’Italia cambia colore e da rossa diventa quasi tutta zona arancione, con sole 4 regioni in zona rossa vincolate da regole e divieti più restrittivi per contenere la diffusione del coronavirus. Questa la nuova ‘mappa’ dei colori delle regioni dal 12 aprile. Nella fascia di rischio più alta rimangono Campania, Puglia e Valle d’Aosta. Spicca nella mappa la  Sardegna che diventa oggi rossa mentre solo un mese fa era in zona bianca.

‘Promosse’ invece in zona arancione Lombardia, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Toscana.

Il cambio di colore delle regioni,in vigore dal 12 aprile, arriva dopo i dati del consueto monitoraggio settimanale dell’Iss e del ministero della Salute sull’andamento della pandemia di coronavirus in Italia. Nell’ultimo bollettino sono 18.938 nuovi contagi e altri 718 morti. L’indice positività è al 5,2%. I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 3.603 (-60 da ieri), 192 i nuovi ingressi.

Afferma il ministro Speranza:”Ci sono le condizioni perché, in un incrocio fra effetti delle misure messe in campo e accelerazione della campagna di vaccinazione, si possano creare le condizioni per un percorso che chiaramente sarà graduale” di riaperture “e dovrà essere fatto con grande attenzione e cautela, compiendo scelte che ci possono mettere nelle condizioni di una ripartenza in sicurezza”
L’attuale criticità è costituita da oltre 3600 postiletto occupati in terapia intensiva.

L’indice di contagio Rt medio nazionale è pari a 0.92, in calo rispetto a 0.98 della scorsa settimana, come evidenzia il report dell’Iss. Ma “otto Regioni e province autonome hanno un Rt puntuale maggiore di uno: Basilicata, Campania, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta. Tra queste, due Regioni (Sardegna e Valle d’Aosta) hanno una trasmissibilità compatibile con uno scenario di tipo 3”. “Si osserva una diminuzione del livello generale del rischio, con quattro Regioni, Liguria, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta, che hanno un livello di rischio alto” si sottolinea nel documento.

Continua la diminuzione dell’incidenza di Covid in Italia, pari a 185 nuovi casi ogni 100mila abitanti rispetto ai 232,7 della settimana precedente

Si apprende anche che per i ricoveri e terapie intensive, “rimane alto il numero di Regioni e province autonome che hanno un tasso di occupazione in terapia intensiva e in aree mediche sopra la soglia critica, 15 Regioni contro le 14 della settimana precedente. Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale è sopra la soglia critica (41%)”.

Il Libro dei Fatti compie 30 anni

Il best seller dell’informazione, edizione italiana del The World Almanac and Book of Facts, giunge alla sua trentesima edizione!

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In attesa delle restrizioni generali previste per lunedì prossimo, individuate cinque nuove zone rosse in Sicilia

 

A Napoli reparto ospedaliero chiude per la festa del primario. Scattano  provvedimenti - Secolo d'Italia

In attesa delle restrizioni generali per lunedì prossimo, sono state individuate altre cinque zone rosse in Sicilia e scuole chiuse in 24 Comuni da lunedì 15 a sabato 20 marzo. Il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha appena firmato un’ordinanza per i Comuni di Altavilla Milicia e San Mauro Castelverde, nel palermitano; Montedoro, in provincia di Caltanissetta; Portopaolo di Capo Passero, nel siracusano; Raffadali in provincia Agrigento. Le restrizioni scatteranno da venerdì 12 marzo per 15 giorni. Poi i nuovi divieti sul modello del periodo di Natale.  In fermento i titolari dei bar e ristoranti.