Ancora decessi: salgono a 8165 – In Sicilia grave carenza dei posti letto di terapia intensiva

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                          –  MEDICI   ED  INFERMIERI  IN TRINCEA –

Salgono ancora a  8165 le persone decedute  in Italia per coronavirus. Oggi altri 662 decessi. E’ uno spettacolo terribile.

I dati sono stati diffusi dalla Protezione Civile. I guariti in totale sono 10361, 999 in più rispetto a ieri. I casi attualmente positivi nel complesso sono 62013. In isolamento domiciliare 33648, mentre 24753 sono ricoverati con sintomi. I pazienti in terapia intensiva sono 3612.

Sono 4492 i nuovi positivi secondo i dati odierni. Dopo quattro giorni di calo, i numeri sono di nuovo in aumento. Ieri si erano registrati 3.491 nuovi positivi, martedì 3612 e lunedì 3.780. Dall’inizio dell’emergenza sono state contagiate in totale 80539 persone.

Coronavirus, in Sicilia i contagi sfondano quota 1.000: ricoverati 414 pazienti, 68 in terapia intensiva

In Sicilia i meno fortunati salgono a 33.

Dall’inizio dei controlli, i tamponi validati dai laboratori regionali di riferimento sono 9.658. Di questi sono risultati positivi 1.164 (170 più di ieri), mentre, attualmente, sono ancora contagiate 1.095 persone (+159 rispetto a ieri).

Sono ricoverati 414 pazienti, di cui 68 in terapia intensiva (ieri erano 80), mentre 681 sono in isolamento domiciliare, 36 guariti e 33 deceduti (1 ad Agrigento, 2 a Caltanissetta, Palermo e Siracusa, 4 a Messina, 6 a Enna e 16 a Catania).

 

Il calo dei pazienti in terapia intensiva è purtroppo dovuto in parte ai decessi che ieri erano 25 e oggi sono 33 ma anche ai guariti che sono passati da 33 a 36.     La crisi  si aggrava perchè la Sicilia è carente di posti letto di terapia intensiva e di tutta l’attrezzatura tecnica richiesta recentemente dal governatore Musumeci a Roma ma non ancora riscontrata, la Regione dispone di 213 posti in terapia intensiva ma la Sanità regionale ha pronto  il piano per portare entro il 20 aprile i posti in Rianimazione a quota 600.

La nuova stretta di Conte, decreto in vigore,sanzioni pesanti- Professionisti,imprese,disoccupati hanno urgente necessità di liquidità

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In vigore il decreto-legge emanato dal governo Conte:lo riportiamo nella sua interezza

Art. 1 MISURE URGENTI PER EVITARE LA DIFFUSIONE DEL COVID-19

1. Per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto, una o più misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus.

2. Ai sensi e per le finalità di cui al comma 1, possono essere adottate, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, una o più tra le seguenti misure: a) limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni; b) chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco, ville e giardini pubblici o altri spazi pubblici;

c) limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale; d) applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree, ubicate al di fuori del territorio italiano; e) divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus;

f) limitazione o divieto delle riunioni o degli assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico; g) limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo e religioso; h) sospensione delle cerimonie civili e religiose, limitazione dell’ingresso nei luoghi destinati al culto;

i) chiusura di cinema, teatri, sale da concerto sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione; l) sospensione dei congressi, di ogni tipo di riunione o evento sociale e di ogni altra attività convegnistica o congressuale, salva la possibilità di svolgimento a distanza; m) limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilità di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonché di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all’interno degli stessi luoghi;

n) limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive e motorie svolte all’aperto o in luoghi aperti al pubblico; o) possibilità di disporre o di affidare alle competenti autorità statali e regionali la limitazione, la riduzione, la sospensione o la soppressione di servizi di trasporto di persone e di merci, automobilistico, ferroviario, aereo, marittimo, nelle acque interne, anche non di linea, nonché di trasporto pubblico locale;

p) sospensione dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonché i corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, o di altri analoghi corsi, attività formative o prove di esame, ferma la possibilità del loro svolgimento di attività in modalità a distanza;

q) sospensione dei viaggi d’istruzione, delle iniziative di scambio o gemellaggio, delle visite guidate e delle uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado sia sul territorio nazionale sia all’estero; r) limitazione o sospensione dei servizi di apertura al pubblico o chiusura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché dell’efficacia delle disposizioni regolamentari sull’accesso libero o gratuito a tali istituti e luoghi;

s) limitazione della presenza fisica dei dipendenti negli uffici delle amministrazioni pubbliche, fatte comunque salve le attività indifferibili e l’erogazione dei servizi essenziali prioritariamente mediante il ricorso a modalità di lavoro agile; t) limitazione o sospensione delle procedure concorsuali e selettive finalizzate all’assunzione di personale presso datori di lavoro pubblici e privati, con possibilità di esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati è effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero con modalità a distanza, fatte salve l’adozione degli atti di avvio di dette procedure entro i termini fissati dalla legge, la conclusione delle procedure per le quali risulti già ultimata la valutazione dei candidati e la possibilità di svolgimento dei procedimenti per il conferimento di specifici incarichi;

u) limitazione o sospensione delle attività commerciali di vendita al dettaglio, a eccezione di quelle necessarie per assicurare la reperibilità dei generi agricoli, alimentari e di prima necessità da espletare con modalità idonee ad evitare assembramenti di persone, con obbligo a carico del gestore di predisporre le condizioni per garantire il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio; v) limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti;

z) limitazione o sospensione di altre attività d’impresa o professionali, anche ove comportanti l’esercizio di pubbliche funzioni, nonché di lavoro autonomo, con possibilità di esclusione dei servizi di pubblica necessità previa assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio come principale misura di contenimento, con adozione di adeguati strumenti di protezione individuale;

aa) limitazione allo svolgimento di fiere e mercati, a eccezione di quelli necessari per assicurare la reperibilità dei generi agricoli, alimentari e di prima necessità; bb) specifici divieti o limitazioni per gli accompagnatori dei pazienti nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso (DEA/PS); cc) limitazione dell’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, nonché agli istituti penitenziari ed istituti penitenziari per minorenni; dd) obblighi di comunicazione al servizio sanitario nazionale nei confronti di coloro che sono transitati e hanno sostato in zone a rischio epidemiologico come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanità o dal ministro della Salute;

ee) adozione di misure di informazione e di prevenzione rispetto al rischio epidemiologico; ff) predisposizione di modalità di lavoro agile, anche in deroga alla disciplina vigente; gg) previsione che le attività consentite si svolgano previa assunzione da parte del titolare o del gestore di misure idonee a evitare assembramenti di persone, con obbligo di predisporre le condizioni per garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio; per i servizi di pubblica necessità, laddove non sia possibile rispettare tale distanza interpersonale, previsione di protocolli di sicurezza anti-contagio, con adozione di strumenti di protezione individuale; hh) eventuale previsione di esclusioni dalle limitazioni alle attività economiche di cui al presente comma, con verifica caso per caso affidata a autorità pubbliche specificamente individuate.

3. Per la durata dell’emergenza di cui al comma 1, può essere imposto lo svolgimento delle attività non oggetto di sospensione in conseguenza dell’applicazione di misure di cui al presente articolo, ove ciò sia assolutamente necessario per assicurarne l’effettività e la pubblica utilità, con provvedimento del prefetto assunto dopo avere sentito, senza formalità, le parti sociali interessate.

Art. 2 ATTUAZIONE DELLE MISURE DI CONTENIMENTO

1. Le misure di cui all’articolo 1 sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della Salute, sentiti il Ministro dell’Interno, il Ministro della Difesa, il Ministro dell’Economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale.

I decreti di cui al presente comma possono essere altresì adottati su proposta dei Presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della Salute, il Ministro dell’Interno, il Ministro della Difesa, il Ministro dell’Economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia. Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, i provvedimenti di cui al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico scientifico di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630.

2. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all’articolo 1 possono essere adottate dal Ministro della Salute ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

3. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le altre misure, ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni.

4. Per gli atti adottati ai sensi del presente decreto i termini per il controllo preventivo della Corte dei conti, di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, sono dimezzati. In ogni caso i provvedimenti adottati in attuazione del presente decreto, durante lo svolgimento della fase del controllo preventivo della Corte dei conti, sono provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241.

5. I provvedimenti emanati in attuazione del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e comunicati alle Camere entro il giorno successivo alla loro pubblicazione. Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferisce ogni quindici giorni alle Camere sulle misure adottate ai sensi del presente decreto.

Art. 3 MISURE URGENTI DI CARATTERE REGIONALE O INFRAREGIONALE

1. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale.

2. I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente.

Art. 4 SANZIONI E CONTROLLI

1. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo.

2. Nei casi di cui all’articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. 3. Le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; si applicano i commi 1, 2 e 2.1 dell’articolo 202 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di pagamento in misura ridotta. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 2, comma 1, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 3 sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si applica l’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

4. All’atto dell’accertamento delle violazioni ci cui al comma 2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorità procedente può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione. 5. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. 6. Salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque piò grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), è punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7.

7. Al comma 1 dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, le parole «con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire 800.000» sono sostituite dalle seguenti: «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000». 8. Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.

9. Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’Interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

Art. 5 DISPOSIZIONI FINALI

1. Sono abrogati: a) il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ad eccezione degli articoli 3, comma 6-bis, e 4; b) l’articolo 35 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9. 2. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

3. Dall’attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate provvedono alle attività ivi previste mediante utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 6 ENTRATA IN VIGORE

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Conte, tra gli applausi, informa i “rappresentanti del popolo” e si sofferma sulle file di autocarri con le bare

 

 

Coronavirus, Conte: In Italia e Ue crisi senza precedenti

 

“La diffusione dell’emergenza coronavirus ha innescato in Italia e in Ue una crisi senza precedenti” che ci sta costringendo “ad una prova durissima” e che ci ha condotto “a confrontarci con nuove abitudini di vita”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, nel corso dell’informativa alla Camera sull’emergenza Covid-19.

C’è stato un lungo applauso con deputati in piedi, durante le comunicazioni del presidente del Consiglio, per esprimere vicinanza ai familiari delle vittime e riconoscimento anche per gli operatori sanitari impegnati in questi giorni per combattere l’epidemia. “Sono giorni terribili per la nostra comunità” che “ogni giorno” fa i conti con i “decessi e perde i più fragili e vulnerabili, un dolore che si rinnova costantemente” “Non avremmo mai pensato – ha affermato – di vedere file di autocarri dell’esercito con le bare. Ai familiari delle vittime va il nostro pensiero e la nostra commossa vicinanza”.

Tra gli applausi dell’Aula, Conte ha anche plaudito allo “sforzo straordinario” di medici e infermieri. “Nei giorni scorsi mi ha scritto Michela, un’infermiera che lavora al reparto Covid dell’ospedale di Senigallia. Con grande dignità, mi ha chiesto che i rischi che si stanno assumendo lei e suoi colleghi non siano dimenticati. A nome del governo, ma credo anche del Parlamento, dico che noi non ci dimenticheremo di voi” ha detto con commozione Conte.

Quello che “stiamo combattendo” è “un nemico invisibile, insidioso, che entra nelle nostre case, che divide le nostre famiglie. Ci fa sospettare di mani amiche, e alla fine ci ha condotto ad una limitazione significativa dei nostri spostamenti”.

Il governo – ha sottolineato – ha agito con la massima determinazione e assoluta speditezza, approntando ben prima di tutti gli altri Paesi, misure di massima precauzione. Già dal 22 gennaio, ben prima che l’Oms dichiarasse il coronavirus emergenza internazionale, abbiamo adottato vari provvedimenti cautelativi”.

“L’alto tasso di contagio del Covid 19 ha posto subito all’attenzione il rischio di un sovraccarico del sistema sanitario. La limitazione del contagio è stata da subito una scelta necessaria”    Conte ha fatto un lungo elenco delle misure adottate già dal 25 gennaio scorso, dalle indicazioni del comitato tecnico scientifico sino alla stesura dei decreti limitativi della libertà di stare in giro, il tutto studiato e ben bilanciato per non creare un grave danno alle imprese e allo Stato italiano

“I contraccolpi economici dell’emergenza sanitaria, naturalmente, riguardano da vicino il mondo delle imprese. È imperativo, perciò, garantire il massimo grado possibile di liquidità alle imprese e il governo, a questo scopo, ha predisposto misure significative che permettono di attivare complessivamente 350 miliardi di euro di finanziamenti a beneficio del mondo produttivo” ha evidenziato il presidente del Consiglio.

“La storia – domani – ci giudicherà” e “ci dirà se siamo stati all’altezza. Verrà il tempo dei bilanci, delle valutazioni su quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, tutti avranno la possibilità di sindacare – frigido pacatoque animo – il lavoro svolto e trarne le conseguenze. D’altra parte, in questi giorni molti hanno riletto ed evocato, anche pubblicamente, le pagine sulla peste scritte da Manzoni nei ‘Promessi sposi’: proprio in quest’opera viene ricordato un antico proverbio, ancora oggi fortemente in auge, per cui ‘del senno del poi son piene le fosse’”.

“Ci sarà un tempo per tutto. Ma, oggi, è il tempo dell’azione, il tempo della responsabilità, dalla quale nessuno può fuggire“, ha detto il premier.

ALTRI 683 DECESSI, MA LA PANDEMIA REGISTRA UNA FLESSIONE-IN SICILIA FINORA 25 DECESSI

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Sono 7503 le persone morte in Italia nella crisi coronavirus. Rispetto a ieri sono stati registrati altri 683 decessi. Lo riferisce la Protezione Civile.

Nel complesso, i guariti sono 9362 (+1036). In totale, i casi attualmente positivi sono 57521 (+3491). In isolamento domiciliare 30920 persone, 23112 sono ricoverate e 3489 sono in terapia intensiva.

Il capo dipartimento, Angelo Borrelli, ha incaricato un sostituto alla lettura dei dati in  conferenza stampa perché stamattina ha manifestato sintomi febbrili e una lieve afonia. Borrelli prosegue il suo lavoro da casa mentre il Dipartimento continua ad operare costantemente.

Coronavirus in Sicilia, i casi salgono a 936399 ricoverati e 80 in terapia intensiva

Vediamo ora la situazione in Sicilia.

Dall’inizio dei controlli, i tamponi validati dai laboratori regionali di riferimento sono 8.374. Di questi sono risultati positivi 994 (148 + di ieri), mentre, attualmente, sono ancora contagiate 936 persone (+137 rispetto a ieri).

Sono ricoverati 399 pazienti (50 a Palermo, 126 a Catania, 91 a Messina, 1 ad Agrigento, 17 a Caltanissetta, 53 a Enna, 17 a Ragusa, 22 a Siracusa e 22 a Trapani) di cui 80 in terapia intensiva, mentre 537 sono in isolamento domiciliare, 33 guariti e 25 deceduti (1 ad Agrigento, Messina, Palermo e Siracusa, 2 a Caltanissetta, 6 a Enna e 13 a Catania). Il Dipartimento precisa che, da oggi,25 Marzo,  il report relativo ai decessi fa riferimento alla provincia della struttura ospedaliera nella quale è avvenuta la scomparsa e non al luogo di residenza.

Lungo elenco dei sacerdoti morti e tolti dal virus all’affetto delle comunità

Papa Francesco con commozione ha voluto ricordarli, non solo infermieri professionali e medici, giornalisti a rischio, ma anche sacerdoti che hanno pagato con la vita il contagio del virus trasmesso loro o nel corso delle “confessioni” o dei normali rapporti di conversazione quotidiana

Con due preti di Cremona e uno di La Spezia, ultime vittime di una contabilità che pare non aver fine, aumenta ancora il bilancio dei preti strappati dal Covid alle loro comunità, da Bergamo a Nuoro
I volti di alcuni dei sacerdoti morti in queste settimane per il coronavirus

I volti di alcuni dei sacerdoti morti in queste settimane per il coronavirus –

Il totale provvisorio dei sacerdoti diocesani che hanno pagato con la vita il contagio del Covid sale a 68, un bilancio credibile ma che potrebbe essere aggiornato da segnalazioni tardive di altri diocesi al Vaticano e a canale di comunicazione. Questo senza contare religiosi, suore e missionari, la cui contabilità è del tutto provvisoria

“I preti che muoiono per il virus lasciano dietro di sé uno sgomento profondo, per più di un motivo. Così non si può che restare ammutoliti per il grande numero di sacerdoti che la malattia ha tolto all’affetto delle comunità. Ciascuno con la sua storia, spesso lunga, di servizio alla Chiesa e ai fratelli. A loro vanno aggiunti religiosi, suore, diaconi, personale delle Curie diocesane, responsabili di uffici e collaboratori. I preti si ammalano e muoiono come gli altri,

.” I preti italiani stanno in mezzo alla gente, da sempre, per missione ma prima ancora per la natura popolare del nostro clero. Inevitabile trovare anche loro nell’elenco delle vittime mietute da questa spaventosa epidemia. Le comunicazioni sono arrivate al Vaticano e al quotidiano pastorale ” Avvenire”che ha l’elenco dei nomi. Vediamo le comunicazioni rese pubbliche.

La diocesi di Bergamo è stata la più duramente colpita, con 22 sacerdoti morti. Sono: don Savino Tamanza, 73 anni, che ha svolto il suo ministero anche in diocesi di Massa Carrara-Pontremoli; don Battista Mignani, 74 anni; e don Alessandro Longo, 87 anni; don Evasio Alberti, 86 anni; e una delle figure più note del clero orobico, don Fausto Resmini, 67enne, che è stato presidente dell’Opera Patronato San Vincenzo, delegato regionale per la pastorale carceraria e cappellano delle carceri sin dal 1992. Era anche presidente dell’Associazione Psicologia Psicoterapia “Il Conventino” e di Conventino Adozioni dal 2009, oltre che direttore della Casa del Giovane dal 2018 Nella triste contabilità compaiono don Guglielmo Micheli, 86 anni, per 30 direttore della Casa dello Studente a Bergamo e assistente diocesano dell’Apostolato della Preghiera; don Adriano Locatelli, 71 anni; don Ettore Persico, 77 anni; e don Donato Forlani, 88 anni, che tra i molti suoi incarichi annovera, negli anni, anche quelli di assistente della Fuci e di direttore dell’Istituto dei Sordomuti. In un solo giorno sono morti in tre: don Enzo Zoppetti (88 anni), don Francesco Perico (91) e don Gian Pietro Paganessi (79). Nei giorni precedenti erano già saliti al Cielo don Remo Luiselli (81 anni), don Gaetano Burini (83), don Umberto Tombini (83), don Giuseppe Berardelli (72), don Giancarlo Nava (70), don Silvano Sirtoli (59 anni), don Tarcisio Casali (82), monsignor Achille Belotti (82), don Mariano Carrara (72) e monsignor Tarcisio Ferrari (84), la figura più nota essendo stato segretario dell’arcivescovo Gaddi dal 1963 al 1977.

Brescia sono morti in tre: don Giuseppe Toninelli, 79 anni, una lunga vita di ministero in tante parrocchie, e monsignor Domenico Gregorelli, 86 anni, ordinato a Firenze, poi passato a Fermo (dov’era stato canonico della cattedrale dal 2003) e dal 2008 era in diocesi di Brescia. Morto anche don Giovanni Girelli, 72 anni, in servizio nell’unità pastorale di Orzinuovi, cittadina falcidiata dal Covid–19.

La diocesi di Milano conta 6 perdite. È morto don Giancarlo Quadri, 75 anni, il sacerdozio dedicato ai migranti, prima quelli meridionali nella metropoli, poi gli italiani all’estero, infine le persone giunte da altri Paesi e continenti, con religioni e culture con le quali entrare in dialogo, arte nella quale è stato maestro riconosciuto anche come responsabile della Pastorale diocesana dei migranti in anni cruciali. Altra grave perdita per la diocesi ambrosiana è quella di don Franco Carnevali, 68 anni, parroco della Comunità pastorale Santissima Trinità d’Amore di Monza. Originario di Legnano, anch’egli impegnatissimo con le comunità immigrate in Brianza, è ricordato con grande affetto a Lecco, dov’è stato per 14 anni e poi a Gallarate, dove era stato la figura decisiva per far dialogare amministrazione comunale e comunità islamica offrendo non solo occasioni di confronto ma anche luoghi per la preghiera, e sopportando per questo ingiuste critiche. Morto anche il 90enne don Cesare Meazza, che a Cernusco sul Naviglio – tra le comunità dov’è stato nella sua lunga vita – ancora ricordano come prete capace di mettersi in sintonia con i giovani. In tre giorni – tra il 17 e il 19 marzo – Milano ha perso tre sacerdoti. Colpisce il filo rosso tra i primi due, entrambi cappellani universitari, ed entrambi legati all’esperienza di Comunione e Liberazione . Grande emozione ha suscitato la scomparsa (riconducibile anzitutto a problemi cardiaci) di don Marco Barbetta, 82 anni, cappellano del Politecnico, figura assai nota in Cl a Milano e non solo, primo prete ambrosiano vittima del virus, direttore spirituale di innumerevoli giovani. Sgomento analogo per la morte, dopo giorni di lotta in terapia intensiva, di don Luigi Giussani, 70 anni, vicario della popolare parrocchia milanese di San Protaso, omonimo del fondatore di Comunione e Liberazione e tra i riferimenti del movimento in città (tanto da essere ribattezzato affettuosamente “Giussanello” tra i tanti amici), oltre che assistente spirituale degli studenti all’Università Statale, teologo e intellettuale finissimo, animatore in parrocchia di catechesi per gli adulti delle quali circolano appunti specchio del suo pensiero rigoroso e spalancato sulla speranza. Nel giorno di san Giuseppe è giunta poi la notizia della morte di don Ezio Bisiello, 64 anni, personaggio molto amato in Brianza essendo stato a lungo parroco d Ronco Briantino, dopo aver svolto il suo ministero nel Varesotto, tra Somma Lombardo e Gallarate.

La diocesi di Parma ha perso 6 preti: don Giorgio Bocchi don Pietro Montali (entrambi 89enni), don Andrea Avanzini (il prete più giovane che risulta morto sinora con i suoi 55 anni, contagiato probabilmente dalla madre anziana, positiva, con la quale viveva) e il 94enne don Franco Minardi, che fu secondo direttore della Caritas diocesana. Martedì 17 è deceduto don Fermo Fanfoni, 82 anni. Due giorni dopo è morto don Giuseppe Fadani, 83 anni, alla guida della parrocchia di Carignano, alle porte di Parma.

La diocesi di Reggio Emilia-Guastalla è stata privata di don Guido Mortari, 83 anni, per mezzo secolo alla guiida della stessa parrocchia cittadina, Sant’Agostino.

Era della diocesi di Pavia don Luigi Bosotti, della Comunità del Giovane. 70 anni, ha dedicato tutta la vita ad accompagnare nella vita e nella fede le giovani generazioni.

Cremona si registrano sei sacerdoti morti. Al giornalista don Vincenzo Rini (grande amico di Avvenire), 75 anni, e a don Mario Cavalleri, ben 104 anni, per un trentennio alla guida della “Casetta”, realtà di accoglienza per poveri, tossicodipendenti e profughi, si sono aggiunti pochi giorni dopo monsignor Giuseppe Aresi, 91 anni, canonico onorario e poi penitenziere della Cattedrale, e don Albino Aglio, 93 anni, dal 1993 al 2002 parroco di Sant’Imperio, in città. Addio anche a don Achille Baronio (84 anni) confessore in cattedrale, ex parroco di vari paesi, ora presso la Parrocchia di Sant’Abbondio in Cremona; e a don Vito Magri, 88enne, morto presso la Fondazione Caimi di Vailate. Sacerdote cooperatore di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio per 11 anni, era e poi rimasto presso il santuario mariano fino al 2017. Il vescovo lo ricorda per «l’’impegno quotidiano nella preghiera per la nostra Chiesa».

Un totale di 6 preti strappati dal virus in diocesi di Piacenza-Bobbio, che piange don Paolo Camminati, 53 anni, a lungo responsabile della pastorale giovanile, protagonista di alcune Gmg, già collaboratore di Avvenire, ora assistente spirituale dell’Azione Cattolica diocesana

. Dolore anche per la morte di don Giuseppe Castelli, 85 anni, pioniere delle missioni diocesane in Brasile. Partito per Paragominas nel 1964, dove rimase 11 anni, dopo un periodo come parroco a Piacenza tornò in missione alla fine degli anni Novanta, per poi rientrare in patria. Figura assai nota nella sua diocesi per l’impegno accanto ai più emarginati è quella di don Giorgio Bosini, 79 anni, fondatore del Ceis locale (oggi associazione La Ricerca onlus), già molto malato e del quale dunque è ancora difficile ricondurre con certezza la morte al virus, al pari dei due gemelli don Mario e don Giovanni Boselli, 87 anni, incredibilmente morti a pochi giorni di distanza. Certamente ucciso dal contagio don Giovanni Cordani, 83 anni, parroco di Rivergaro, a lungo insegnante. A loro si aggiungono don Paolo Camminati e don Giuseppe Castelli, citati prima.

Della diocesi di Lodi, con 5 morti, era don Carlo Patti, 66 anni, parroco di Borghetto Lodigiano e Casoni dove era appena arrivato, nell’ottobre 2019; don Gianni Cerri, spirato a 85 anni; don Giovanni Bergamaschi, che si è spento a 85 anni presso la Casa di riposo di Sant’Angelo Lodigiano dove risiedeva dal 2017; e don Bassiano Travaini, 88 anni, collaboratore pastorale a Sant’Angelo Lodigiano, attivamente impegnato a servizio degli ammalati e degli anziani della città.

Due sacerdoti morti in diocesi di La Spezia-Sarzana-Brugnatodon Piergiovanni Devoto, 76 anni, parroco e latinista insigne; e don Nilo Gando, 89 anni, nato a Monterosso, parroco in varie comunità e in ultimo assistente diocesano delle Confraternite.

A Mantova una vittima: è spirato don Antonio Mattioli, 74 anni, già rettore del Seminario diocesano.

La diocesi di Pesaro segnala tre lutti nel suo clero. Il primo a morire è stato don Zenaldo del Vecchio, 90 anni, seguito pochi giorni dopo da don Graziano Ceccolini, 83 anni. Del 21 marzo è invece il decesso di don Giuseppe Scarpetti, 69 anni, parroco di Cristo Re a Pesaro.

Dalla diocesi di Trento arriva la notizia della morte di un sacerdote anziano ma ancora dinamico come don Luigi Trottner, 86 anni, parroco di Campitello in Val di Fassa.

Nella vicina diocesi di Bolzano-Bressanone è morto invece don Salvatore Tonini, 84enne di origini trentine, collaboratore pastorale a Bolzano, vicino al Movimento dei Focolari.

Una vittima nella diocesi piemontese di Casale Monferrato: don Mario Defechi, 89 anni.

Un morto a Tortona: don Giacomo Buscaglia, 82enne.

E’ stata la diocesi di Salerno-Campagna-Acerno a dover contare il primo sacerdote del Sud morto a causa del contagio. Si tratta del parroco di Caggiano don Alessandro Brignone, appena 45 anni, è morto nella notte tra 18 e 19 marzo all’ospedale di Polla.

Al Sud ha perso la vita anche don Antonio Di Stasio, 85 anni, parroco della diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia.

La diocesi di Nuoro registra il primo sacerdote sardo ucciso da coronavirus; è don Pietro Muggianu, uno dei due preti diocesani colpiti dal virus che si trovavano in rianimazione. Nato a Orgosolo, 83 anni, canonico onorario del Capitolo della Cattedrale, tra i suoi innumerevoli incarichi pastorali sia sul territorio barbaricino sia in Curia merita di essere ricordato il suo servizio come insegnante nei licei.

Decine i sacerdoti positivi

Decine i sacerdoti positivi, alcuni in condizioni gravi, una situazione che potrebbe costringere presto ad aggiornare questa spoon river dei preti italiani.

Capitolo a parte per i religiosi e le religiose, una contabilità di vittime tutta da ricostruire. In redazione per ora sono giunte le notizie di due decessi legati al virus. A Lecco è morto padre Remo Rota, missionario sacramentino, 77 anni, originario della Valle Imagna ma lecchese di adozione. Per 38 anni in Congo, di sé amava dire, con semplicità: “Ho fatto di tutto, spero di aver fatto bene anche il prete, con i miei difetti”. Lutto anche tra i Saveriani di Parma: il coronavirus si è portato via padre Nicola Masi, poliglotta e giramondo, a lungo a Belem, in Amazzonia, dove ha condiviso la vita dei più poveri. Monaco cistercense dell’abbazia di Chiaravalle della Colomba, in territorio della diocesi di Piacenza, era padre KIdane Berhane, eritreo, che risulta vittima del contagio……..

 

VILLAFRATI,FOCOLAIO CORONAVIRUS IN SICILIA

 

Le strade di Villafrati

Circoscritta la casa di riposo di Villafrati, piccolo centro del palermitano, dove  sessantotto anziani sono stati  contagiati dal coronavirus.., nove sono stati ricoverati al Policlinico, gli altri in quarantena. Questa porzione di  territorio di tre mila abitanti  diventa ‘zona rossa’.   Gli anziani non potranno più ricevere visite dei loro familiari.. I Carabinieri controllano i varchi e le uscite del paese.

Conferma il sindaco di Villafrati Francesco Agnello. Nei giorni scorsi un ospite della casa di riposo -Villa Delle Palme -di 90 anni era deceduto nell’ospedale di Partinico. “Riusciremo a superare la drammaticità del momento”, avverte il primo cittadino. “I nostri concittadini hanno eseguito l’autoisolamento senza essere obbligati, e lo saremo ancora di più adesso “..

Il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, sentito il primo cittadino, ha già firmato l’ordinanza. “Fino al 15 aprile, nel piccolo centro palermitano ci sarà il divieto di accesso e di allontanamento dal territorio comunale e la sospensione di ogni attività degli uffici pubblici, ad eccezione dei servizi essenziali e di pubblica utilità —  – Potranno entrare e uscire dal paese solo gli operatori sanitari e socio-sanitari, il personale impegnato nell’assistenza alle attività inerenti l’emergenza, nonché esclusivamente per la fornitura delle attività essenziali del territorio comunale”.

In Sicilia il virus avanza e fa vittime. Il provvedimento si è reso necessario, “per evitare il diffondersi del contagio del Covid-19, dopo che gli uffici dell’Asp hanno segnalato all’interno di una Residenza sanitaria assistita ben 62 casi di positività -saliti a 68 oggi-al Coronavirus”. Ieri sera altri due comuni siciliani sono stati dichiarati ‘zona rossa’, Salemi nel trapanese e Agira, nell’ennese.

Messina, uomo entra in tabaccheria,ferisce la titolare,poi si toglie la vita

 

MESSINA

Inquietante sparatoria alla tabaccheria Sabato di viale San Martino, a Provinciale, di fronte alla Chiesa di Santa Maria di Gesù.   

Un uomo, di circa 65 anni, è entrato nel locale tabacchi e, per motivi ancora da chiarire e scoprire, ha sparato contro una donna per poi rivolgere l’arma contro se stesso e suicidarsi a sua volta. L’uomo ha perso la vita mentre la donna,ferita, è stata trasportata d’urgenza al Policlinico “G.Martino”.  Al nosocomio universitario si troverebbe anche la moglie, con cui l’uomo avrebbe  litigato prima di uscire di casa e compiere l’efferato delitto   .Si apprende che la  donna ferita all’interno del tabacchino sarebbe la titolare del locale di 78 anni,  giunta al Pronto Soccorso messinese  in codice rosso.

Sul posto i vigili del fuoco, le ambulanze del 118 e la Squadra Mobile della polizia, che sta indagando sull’episodio per ricostruire le dinamiche della vicenda.

Oggi 743 decessi: non c’è più fine alla pandemia Covid-19- In crescita in Sicilia

Risultato immagini per immagine reparto ospedaliero

Sono 6820 le persone decedute in Italia nella crisi coronavirus.E’ ancora record-purtroppo- nel mondo. Rispetto a ieri, sono stati registrati altri 743 decessi.

Sono i dati diffusi da Angelo Borrelli, capo dipartimento della Protezione Civile. I guariti in totale sono 8326 (+894), i casi attualmente positivi nel complesso sono 54030 (+3612). In isolamento domiciliare sono 28697 persone, 21937 sono ricoverate e 3396 sono in terapia intensiva.

Sono 6820 le persone morte in Italia nella crisi coronavirus. Rispetto a ieri, sono stati registrati altri 743 decessi.

Sono i dati diffusi da Angelo Borrelli, capo dipartimento della Protezione Civile. I guariti in totale sono 8326 (+894), i casi attualmente positivi nel complesso sono 54030 (+3612). In isolamento domiciliare sono 28697 persone, 21937 sono ricoverate e 3396 sono in terapia intensiva.

Coronavirus in Sicilia, i contagiati sono 799Casi in crescita di 118, i morti ora sono 20

La situazione in Sicilia .Dall’inizio dei controlli, i tamponi validati dai laboratori regionali di riferimento sono 7.170. Di questi sono risultati positivi 846 (125 più di ieri), mentre, attualmente, sono ancora contagiate 799 persone (+118 rispetto a ieri).

Sono ricoverati 337 pazienti (45 a Palermo, 123 a Catania, 70 a Messina, 1 ad Agrigento, 18 a Caltanissetta, 29 a Enna, 11 a Ragusa, 24 a Siracusa e 16 a Trapani) di cui 67 in terapia intensiva, mentre 462 sono in isolamento domiciliare, 27 guariti (11 a Palermo, 6 a Catania, 5 a Messina, 2 ad Agrigento ed Enna, 1 a Ragusa) e 20 deceduti (1 a Caltanissetta, Messina, Palermo e Siracusa, 2 ad Agrigento, 6 a Enna e 8 Catania).

La curva della pandemia in Sicilia

Mario Ciancio: ascesa, caduta ed ,oggi ,nuovamente in piedi

113 pagine sentenza di dissequestro beni (Corte di appello)  : “non risulta la pericolosità del Ciancio…”

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Non vi sono prove in appello. La Corte d’appello di Catania ha disposto così il dissequestro di tutti i beni di Mario Ciancio Sanfilippo -nella foto provato ed anziano – che era stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Tra le motivazioni dei giudici di secondo grado anche la «mancanza di pericolosità sociale» dell’editore e imprenditore. Tra i beni dissequestrati anche le società che controllano i quotidiani La Sicilia e Gazzetta del Mezzogiorno e le emittenti televisive Antenna Sicilia e Telecolor.

Secondo la Corte d’appello di Catania il decreto impugnato «va conseguentemente annullato» perché, scrivono i giudici nelle 113 pagine della sentenza motivata, «non può ritenersi provata l’esistenza di alcun attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio Sanfilippo in favore di Cosa nostra catanese».

CIANCIO SALE IN VETTA   :            LE OMBRE E I CONTATTI  CON LE IMPRESE

Risultato immagini per immagine di una lunga scala fino al cielo

 

Ma cosa contestarono a Mario Ciancio i giudici catanesi?     Secondo gli atti “Mario Ciancio Sanfilippo è imprenditore tra i più attivi e facoltosi a Catania e nell’intera Sicilia. Per raggiungere gli scopi della propria variegata attività, che ha preso le mosse dall’editoria ed ha poi riguardato anche alcune tra le più lucrose speculazioni edilizie in territorio catanese, si è avvalso e si avvale ad oggi di una molteplicità di imprese, costituite in forma societaria, spesso con la partecipazione (talora formalmente esclusiva) della moglie Valeria Guarnaccia o dei figli Angela, Rosa Emanuela, Carla, Natalia e Domenico. Tali società debbono essere guardate come facenti parte di un vero e proprio gruppo, esistente di fatto, facente capo al proposto, che, infatti, ne dirige e coordina l’attività. La ricostruzione dei flussi finanziari relativi alle attività di impresa ed alle compravendite immobiliari consente di affermare che a monte di ciascun investimento e di ciascun acquisto (…) si trova la notevole provvista economica che il Ciancio Sanfilippo mette a disposizione della famiglia”.

Lo affermano  i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania nell’ordinanza di confisca dei beni nella disponibilità dell’holding Ciancio & family emessa il 20 settembre 2018. Un atto giudiziario che descrive nei minimi dettagli i presunti rapporti di affari tra uno dei più potenti personaggi della recente storia siciliana e italiana, l’editore-imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo e alcuni esponenti di Cosa Nostra. Business multimilionari generati innanzitutto dalla cementificazione del territorio e dalla trasformazione di centinaia di ettari di terreni agricoli in complessi turistico-immobiliari o megaparchi commerciali.

Colate di asfalto e cemento sul Pigno di Catania

Uno dei capitoli chiave dell’ordinanza dei giudici catanesi era -ricorderemo – interamente dedicato alla realizzazione nel 2010 del noto centro commerciale Le Porte di Catania a due passi dal quartiere Pigno e dell’aeroporto di Fontanarossa, con “128 negozi con i brand più glamour di abbigliamento e accessori, oggetti per la cura della casa e della persona, una ricca area di ristorazione, un ipermercato e oltre cinquemila posti auto”, come recita la brochure illustrativa della società che ne detiene il controllo, Ceetrus Italy (gruppo Auchan). Un progetto quello de Le Porte di Catania che prendeva il via – coincidenza vuole – lo stesso giorno in cui Mario Ciancio Sanfilippo e alcuni suoi partner economici (tra essi il chiacchierato costruttore messinese Antonello Giostra) avviavano le procedure per realizzare a Misterbianco, in contrada Cardinale, il parco commerciale denominato Mito.

 

“In data 28 febbraio 2003, ovvero quando la Euredil S.r.l. e la lmmencity One S.r.l. presentavano il progetto di polo commerciale integrato a Misterbianco, veniva richiesto al Comune di Catania dalla società ICOM S.r.l. il rilascio di concessione edilizia e autorizzazione all’apertura di un altro centro commerciale, da realizzarsi in variante allo strumento urbanistico vigente sempre su terreni riconducibili alla famiglia Ciancio”, annotano i R.O.S. dei Carabinieri in una loro informativa del 18 luglio 2013. Con deliberazione del 25 febbraio 2005, il Consiglio comunale di Catania esaminava il documento istruttorio redatto dal Direttore della VII Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio, approvando il cambio delle destinazioni urbanistiche dell’area che nel vigente P.R.G. era stata destinata a verde agricolo. Alla data della delibera consiliare, i terreni del nascente centro commerciale Le Porte erano di proprietà della Sud Flora S.r.l., di cui risultavano soci l’editore Ciancio Sanfilippo e la moglie Valeria Guarnaccia. “I terreni di proprietà del Ciancio erano stati da lui acquistati nel 1973, mentre quelli della Sud Flora tra il 1991 e il 2002”, annotano gli inquirenti.

“La Sud Flora era stata costituita il 10 ottobre 1976 da Wilma Amelia Nofori e da Giuseppa Licciardo. Il primo elenco soci disponibile risale al 1999 ed in esso sono indicati quali titolari delle azioni i coniugi Ciancio. Va tuttavia rilevato che già alla data del 4 febbraio 1980 Valeria Guarnaccia aveva assunto la carica di amministratore unico, fatto, questo, dal quale può dedursi l’acquisto delle quote sociali da parte dei due coniugi già in quella data. Il 27 aprile 2007 tanto Mario Ciancio, quanto la moglie, cedevano tutte le quote della Sud Flora alla ICOM S.p.a., società che stava curando la realizzazione del parco commerciale Porte di Catania. Tale vendita, ovviamente, ha costituito un metodo per cedere all’acquirente i terreni di quali la Sud Flora era proprietaria senza sottostare ai più gravosi tributi dovuti per i trasferimenti immobiliari. La maggior parte degli investimenti nella Sud Flora ha avuto luogo in anni (1996, 1997,1998, 2000, 2001, 2002) nei quali i flussi economici negativi sono prevalenti rispetto a quelli positivi. Già tale considerazione consentirebbe di ritenere illecita l’attività imprenditoriale in oggetto, in quanto condotta perlopiù con capitali dei quali non è stata giustificata la provenienza. Va poi aggiunto che quantomeno dal 2003 la Sud Flora è stata finanziata e gestita in vista della sua cessione al soggetto che si sarebbe occupato della realizzazione del centro commerciale, operazione che, appare illecita per le infiltrazioni di Cosa Nostra nella stessa”.

La società acquirente, ICOM S.p.a. (già ICOM s.r.l.), era stata costituta il 16 marzo 2000 da un gruppo di imprenditori pugliesi e siciliani. Due anni dopo, in luogo di taluni dei soci fondatori subentrava la Insular Consulting S.r.l., società costituta da Vincenzo Viola e dai suoi familiari e della quale, nel corso degli anni, avevano fatto parte anche Giovanni Vizzini e Tommaso Mercadante. “Il 15 febbraio 2002 il Viola ed il Mercadante entravano nel consiglio di amministrazione della ICOM”, annotano i ROS. “Nel marzo 2003 i predetti Vizzini, Mercadante e Viola entravano a far parte direttamente della compagine sociale a seguito della cessione in loro favore di parte delle quote detenute dalla Insular Consulting. II 19 maggio 2003 Mario Ciancio Sanfilippo e Valeria Guarnaccia acquistavano il 34% circa del capitale sociale della ICOM. Così Mario Ciancio e Valeria Guarnaccia facevano parte di tale società unitamente agli allora soci Michele Annoscia, Pasquale Iamele, Donato Di Donna, Vincenzo Viola, Loredana Leone, Tommaso Mercadante, Luigi Mellina, Giovanni Vizzini, Michele Castiglione e l’avvocato-editore Fabrizio Lombardo Pijola. La compagine sociale subiva un mutamento nel 2005, quando ai soci Annoscia, Iamele e Lombardo Pijola subentrava la Sircom Real Estate S.p.a.”. La Sircom è una nota società di promozione e sviluppo immobiliare (centri commerciali, resort, hotel, centri congressi, ecc.) con sedi centrali a Bari e Milano.

Il 27 aprile 2007 si registrava un nuovo mutamento tra le compagini societarie impegnate nell’affaire Le Porte; i soci (compresi i coniugi Ciancio-Guarnotta) cedevano infatti le quote della ICOM alla ImmobiliarEuropea S.p.a. e alla Gallerie Commerciali S.p.a.: la prima con sede a Milano (scopo sociale lo sviluppo di centri commerciali per la grande distribuzione, strutture ricettive-alberghiere e porticcioli turistici) e riferibile all’imprenditore-editore sardo Sergio Zuncheddu; la seconda invece interamente controllata da una società di diritto olandese, la I.D.C. Int. Development Corp. N.V., titolare della nota holding francese Auchan. Secondo quanto riferito agli inquirenti dall’allora dirigente del settore sviluppo di Auchan S.p.a. Carlo Salvini, le somme dovute per la vendita delle quote ICOM alla ImmobiliarEuropea e alla Gallerie Commerciali sarebbero state così corrisposte: il 50% all’atto della vendita ed il restante 50% suddiviso in tre tranche, rispettivamente, dopo l’approvazione della variante in corso d’opera, all’approvazione della proroga delle autorizzazioni commerciali e all’inaugurazione del centro commerciale. Stando alla documentazione contabile acquisita nel corso delle indagini, il 19 giugno 2007 l’assemblea straordinaria dei soci della Sud Flora deliberò altresì la fusione della società per incorporazione nella ICOM S.p.a.. Grazie alla cessione delle proprie quote alla ICOM, la Sud Flora ottenne nell’anno fiscale 2007 ricavi per 5.111.984 euro.

Le plusvalenze milionarie di Ciancio & soci

Ma i magistrati catanesi approfondirono la problematica. “Oltre a consolidare la propria presenza nel tessuto economico catanese, Mario Ciancio Sanfilippo e familiari –  – conseguivano importanti guadagni derivanti dalla monetizzazione delle plusvalenze, attraverso la vendita delle azioni della ICOM. “In particolare, il dott. Ciancio (e sua moglie) cedevano il 33% delle loro quote ICOM ricevendo quale prezzo la somma complessiva di 12.400.000 euro. In pari data, ICOM S.r.l. comprava da Ciancio Sanfilippo Mario, quale persona fisica, i terreni in contrada Bicocca di cui questi era proprietario ed acquistava le azioni della Sud Flora S.p.A. (di Ciancio e della moglie Guarnaccia), società quest’ultima proprietaria di altra parte dei terreni necessari per la costruzione del centro commerciale. Il prezzo pagato dalla ICOM a Ciancio (compreso il prezzo della Sud Flora) ammonta a 15.730.216 euro. Complessivamente, quindi, Ciancio riceveva per l’affare la somma complessiva di 28.130.216 euro”. Altrettanto rilevanti i ricavi conseguiti dagli altri soci ICOM: 9,6 milioni di euro in tutto, di cui 1.532.082 a Vincenzo Viola, 910.118 a Tommaso Mercadante e 4.850.770 alla Sircom Real Estate S.p.a. di Bari-Milano.

“Quanto alle persone fisiche componenti le società in esame, va rilevato che Vincenzo Viola è un uomo politico siciliano, europarlamentare per il Patto Segni negli anni Novanta; si tratta di soggetto il quale, pur non ricoprendo all’epoca dei fatti alcun ruolo politico attivo, era molto vicino agli ambienti politico-amministrativi regionali siciliani”, riporta la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania. Già funzionario dell’Assemblea regionale siciliana, vicedirettore del Servizio studi legislativi e capo dell’Ufficio del bilancio, Vincenzo Viola fu eletto al Parlamento di Strasburgo nel 1995, ricoprendo l’incarico di coordinatore del gruppo PPE per le relazioni euro-mediterranee. Dopo l’Europarlamento, nel 2001 è stato nominato dal Presidente della regione Siciliana consigliere d’amministrazione del Banco di Sicilia, in quota Alleanza nazionale.

Non meno rilevante la figura dell’altro socio di Ciancio Sanfilippo in ICOM, Tommaso Mercadante, figlio di Giovanni Mercadante, il primario di radiologia a Palermo ed ex deputato regionale di Forza Italia condannato a 10 anni e 8 mesi per il delitto di associazione mafiosa con sentenza della Corte di Appello di Palermo del 21 marzo 2014, irrevocabile dall’8 aprile 2015 (Mercadante era stato condannato in primo grado e assolto in appello, con sentenza poi annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione). “Giovanni Mercadante è nipote di Tommaso Masino Cannella, capo della potente famiglia di Prizzi, ritenuto uno degli uomini di vertice di Cosa Nostra, vicinissimo all’allora latitante Bernardo Provenzano”, scrivono i giudici etnei. “Proprio il Mercadante, come emerge dalle dichiarazioni di numerosi collaboranti, tra i quali Giovanni Brusca, Angelo Siino e Antonino Giuffrè, era tra i soggetti coinvolti nella gestione della latitanza di Provenzano”. Gli inquirenti hanno accertato come tra i due Mercadante ci fossero anche relazioni di tipo economico. “Il 27 maggio 2011 Tommaso Mercadante conferiva al padre Giovanni Mercadante, frattanto assolto dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza del 21 febbraio 2011, delega ad operare sul proprio conto”, annotano nell’ordinanza di sequestro dei beni dell’editore Ciancio. “Proprio questo ultimo particolare consente di affermare che Tommaso Mercadante fosse prestanome del padre Giovanni, effettivo socio della ICOM, per conto del quale aveva ricevuto il pagamento dell’ultima tranche del prezzo di cessione delle quote di tale società alla ImmobiliarEuropea ed alla Gallerie Commerciali; ed invero, solamente quando Giovanni Mercadante era stato assolto dal delitto di associazione mafiosa, e quindi, nella sua percezione, non vi erano più pericoli a gestire personalmente le somme derivanti dall’operazione ICOM, il figlio gli aveva rilasciato delega ad operare sul conto sopra descritto e, pertanto, gli aveva consentito di disporre di dette somme (Giovanni Mercadante non poteva ovviamente sapere che la Suprema Corte avrebbe annullato la sentenza di assoluzione con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo, che avrebbe invece confermato la condanna emessa)”.

Relativamente ad altro socio ICOM, Giovanni Vizzini, la Procura ha accertato trattarsi del fratello di Carlo Vizzini, pluriministro tra il 1982 e il 1992 (in particolare ha guidato i dicasteri delle Poste e telecomunicazioni e della Marina mercantile), già segretario del Psdi tra il 1992 e il 1993, poi esponente politico di Forza Italia e Pdl. “La figlia di Carlo Vizzini, Maria Sole, ha sposato Vincenzo Rappa, figlio di Filippo Rappa; questi è stato sottoposto a procedimento penale per i delitti di riciclaggio aggravato e di associazione a delinquere di tipo mafioso, ma è stato assolto da tali reati ex art. 530 c.p., rispettivamente ai sensi del primo e del secondo comma. Va tuttavia rilevato che la famiglia Rappa annovera tra le sue fila il capostipite Vincenzo Rappa, padre di Filippo, condannato per il delitto di cui all’art. 416-ins c.p., con sentenza irrevocabile”, annotano gli inquirenti.

Sulla famiglia Rappa e su Giovanni Mercadante ha reso importanti dichiarazioni l’ex imprenditore Massimo Ciancimino, figlio di don Vito Ciancimino, il sindaco Dc del sacco di Palermo contiguo agli ambienti mafiosi corleonesi. “Nei propri interrogatori del 10 aprile 2009 e 8 maggio 2009, Massimo Ciancimino ha riferito che i due erano soggetti vicini al padre e che essi avevano avuto anche problemi con la giustizia per reati di mafia”, si riporta nell’ordinanza di sequestro dei beni della famiglia Ciancio. “In particolare, il capostipite, Vincenzo Rappa, era stato condannato per il delitto di associazione mafiosa. Il nipote del Rappa era sposato con la figlia del già menzionato Carlo Vizzini e le due famiglie erano legate da forte amicizia. Il Ciancimino ha riferito in tali occasioni che in quanto figlio di Vito Ciancimino, aveva avuto modo di prendere parte alla attività del padre, che comprendeva pure incontri con appartenenti al mondo imprenditoriale, anche catanesi, quali Costanzo, Rendo ed altri; ha riferito inoltre dei rapporti esistenti tra il Ciancio Sanfilippo e la famiglia Rappa, affermando, in particolare, che l’odierno proposto era legato a soggetti palermitani vicini a Cosa Nostra…”.

 

Gli inquirenti ritengono che nonostante la cessione delle quote della ICOM, Mario Ciancio Sanfilippo, unitamente all’ex europarlamentare Vincenzo Viola, continuò ad occuparsi dello sviluppo del progetto del centro commerciale Porte di Catania. Questa convinzione è suffragata dal tenore di due conversazioni intercettate il 28 luglio 2008 dal R.O.S. dei Carabinieri proprio nell’ufficio del potente signore dei media siciliani. “A tali conversazioni avevano preso parte, oltre al Ciancio Sanfilippo, Raffaele Lombardo, all’epoca Presidente della Regione Siciliana (l’elezione era avvenuta solo pochi mesi prima Nda), Vincenzo Viola, Sergio Zuncheddu, Carlo Ignazio Fantola (consigliere di amministrazione della ImmobiliarEuropea) e Carlo Salvini (dirigente del gruppo La Rinascente – Auchan)”, scrivono i giudici. “Nel corso di tale riunione, gli interlocutori discutevano di una variante edilizia da apportare al progetto del centro commerciale, che volevano evitare fosse sottoposta al vaglio del Consiglio comunale e attirasse le attenzioni dell’Autorità Giudiziaria. La soluzione veniva trovata dal Lombardo, il quale affermava che si sarebbe attivato, tramite l’architetto Matteo Zapparrata, già dirigente tecnico della Provincia Regionale di Catania (della quale lo stesso Lombardo era stato Presidente, prima di essere eletto alla carica di Capo del Governo Regionale), affinché detta variante venisse approvata dai tecnici comunali”. L’ingegnere Zapparrata è ritenuto uomo di assoluta fiducia di Raffaele Lombardo; inoltre è stato alla guida della Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Catania dall’1 gennaio al 31 dicembre 2008.

In verità, l’11 novembre 2008, la dirigente del Servizio attuazione della Pianificazione del Comune di Catania, l’architetta Gabriella Sardella, rilasciava alla ICOM S.p.a. la variante alla concessione edificatoria “per modifiche in corso d’opera alla nuova costruzione di parco commerciale in corso di realizzazione in Contrada Bicocca”, proprio come auspicavano i partecipanti al meeting ospitato da Mario Ciancio. “Si ricava quindi dagli elementi sopra evidenziati la circostanza che, nonostante la vendita delle quote della ICOM, ancora alla data del 28 luglio 2008, il Ciancio Sanfilippo curava personalmente il buon andamento dell’affare (…) con Raffaele Lombardo, da poco divenuto Presidente della Regione Siciliana, il quale formalmente non rivestiva alcun incarico istituzionale che gli attribuisse competenze in ordine all’iter burocratico del progetto. Deve conseguentemente ritenersi che la riunione fotografata dalle due conversazioni intercettate avesse ad oggetto la ricerca di una via parallela per la risoluzione di un problema amministrativo che avrebbe richiesto molto più tempo e non sarebbe neppure stata garantita”, commentano i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania.

INTERCETTAZIONI

Le intercettazioni del R.O.S. dei Carabinieri evidenzierebbero pure come alcuni protagonisti dell’affaire si sarebbero adoperati per ottenere l’approvazione di un disegno di legge che aumentava la volumetria disponibile per i centri commerciali in Sicilia. Due i dialoghi chiave in mano agli inquirenti: il primo è stato intercettato il 6 dicembre 2005 tra Rosario Ragusa “soggetto vicino ai vertici catanesi di Cosa Nostra” e Marcello Massinelli, all’epoca dei fatti consigliere economico dell’allora Presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro; il secondo, due giorni dopo, ancora tra Rosario Ragusa e Fulvio Reina, socio di Marcello Massinelli nella società di intermediazione che si occupava di vendere le quote della “Tenutella S.r.l.”, la società a capo dell’omonimo centro commerciale di Misterbianco in via di costruzione ancora una volta su terreni di proprietà di Ciancio Sanfilippo. “In particolare, nel corso delle conversazioni, gli interlocutori ponevano in rilievo la circostanza che tale disegno di legge avrebbe agevolato il Ciancio Sanfilippo e i suoi interessi”, aggiungono i giudici. “Ed in effetti l’emendamento in questione era relativo alla legge regionale 20/2005, avente ad oggetto Misure per la competitività del sistema produttivo con modifiche alla disciplina degli interventi per le imprese commerciali. Il comma 4 dell’art. 7 cit. prevedeva infatti che nelle more di una più compiuta programmazione della rete distributiva (… ) l’Assessore regionale per la Cooperazione, il commercio, l’artigianato e la pesca provvede, entro trenta giorni dalla pubblicazione della presente legge, ad una revisione dei limiti e delle condizioni per il rilascio delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita nei territori delle grandi aree metropolitane prevedendo, in particolare, un incremento non inferiore ad un terzo dei limiti di superficie attualmente vigenti…”.

Il 20 marzo 2013, Raffaele Lombardo, nell’udienza preliminare del procedimento a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa, in riferimento all’approvazione dell’emendamento alla legge regionale 20/2005 che consentiva l’incremento delle superfici da destinare a grandi centri commerciali, ha ammesso di essersi effettivamente occupato della questione relativa alla variante urbanistica del P.R.G. con riferimento al Porte di Catania e che tale questione era stata sottoposta alla sua attenzione, in occasione di un incontro avvenuto nell’anno 2003, dal Ciancio Sanfilippo e da Vincenzo Viola. Ricordo bene che me ne parlò di questa cosa, quando ne parlammo col dottore Ciancio, questa persona che io conoscevo bene e che credo abbia avuto un ruolo nella vicenda, cioè l’onorevole Viola, che fu parlamentare europeo, ma che era stato vice-segretario generale dell’Assemblea Regione Siciliana, ha riferito l’ex governatore Lombardo. Enzo Viola era interessato a questa cosa. Può darsi che lui d’accordo con Ciancio portasse gli investitori o roba del genere. Io l’ho interpretato così, l’ho vissuto così il discorso di Viola. Non mi sembrava Viola uno che ci mette, che so, dieci milioni di euro per fare una operazione del genere, o cento….

Subappaltatori attivi e mancati in odor di mafia

I lavori del centro commerciale Porte di Catania furono poi realizzati dalla società ImmobiliareEuropea S.pA. quale general contractor; le  opere di accantieramento furono affidati alla Framer S.r.l. dei fratelli Francesco e Massimiliano Antonio Laudani, trasformata nel maggio 2007 in Framer S.pA., mentre per la movimentazione terra fu scelta la Fratelli Basilotta S.p.A. (dal 16 aprile 2009 rinominata In.Co.Ter Infrastrutture Costruzioni Territorio S.p.A.), di proprietà di Salvatore Basilotta figlio di Vincenzo Basilotta e di Luigi Agatino e Giuseppe Basilotta, fratelli di Vincenzo. “Vi è una serie di ulteriori conversazioni, intercettate nell’ambito del procedimento penale n. 890/07 (la cosiddetta operazione antimafia Iblis), dalle quali si evince che le imprese che avrebbero dovuto effettuare i lavori di movimento terra (In.Co.Ter dei F.lli Basilotta) e le strutture cementizie (ICOB) facevano a loro volta capo a soggetti appartenenti a Cosa Nostra catanese e calatina”, rilevano gli inquirenti della Procura. “Vanno, a tale riguardo, esaminate le figure di Mariano Cono Incarbone e di Vincenzo Basilotta; il primo è soggetto condannato per il delitto di associazione mafiosa, in esito al menzionato procedimento penale Iblis, con sentenza della Corte di Appello di Catania del 10 settembre 2014 irrevocabile il 7 giugno 2016; l’appartenenza dello stesso alla famiglia Santapaola-Ercolano è quindi definitivamente accertata”.

I favori del direttore responsabile de La Sicilia al mafioso Ercolano emergono pure  da una convocazione nella direzione del giornale di Concetto Mannisi, componente pure del consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, giovane giornalista interno, cronista,alle dipendenze della Società che defini “Ercolano boss mafioso”

Mario Ciancio lo convocò nella sua stanza al primo piano-affianco la cronaca – presente Giuseppe Ercolano, ufficialmente imprenditore ma a capo dell’omonimo clan

Il cronista si difese col dire che ” rispose a una domanda del presidente della prima sezione penale del Tribunale di Catania,  dr.Roberto Passalacqua del Tribunale di Catania.

La contestazione interna era l’interesse giornalistico  sull’azienda Avimec della famiglia Ercolano. Dopo l’incontro il cronista, «palesemente infastidito per l’accaduto»,secondo comunicazioni rese note dal suo giornale, aveva  chiesto «chiarimenti» al suo direttore, che gli ha risposto che lo aveva chiamato per fare capire come «nel suo articolo non ci fosse alcuna malizia, ma che era soltanto un giovane cronist

Poi le indagini scoprirono che il direttore Ciancio avesse una cospicua somma -si parla di milioni e milioni di euro- depositata pure in Svizzera.” Proviene dal lavoro e dalla mia famiglia” fu sostanzialmente la difesa d’ufficio di Ciancio .

Non sappiamo ancora se la dottssa Agata Santonocito , sostituto Procuratore della Repubblica ,e il P.m Antonino Fanara che hanno avuto gli elementi iniziali,condurrànno l’intera complessa problematica insieme alla Finanza oltre l’appello in Cassazione perchè le ombre effettivamente restano- come gli inmcontri-  e sono incancellabili ma oggi l’appello, la sentenza esclude “ogni forma di pericolosità sociale” nè  “risulta  accertata e provata alcuna sproporzione tra i redditi di provenienza legittima di cui il preposto il suo nucleo familiare potevano disporre la liquidità utilizzate nel corso del tempo».

Ricorderemo che nei confronti del  direttore Mario Ciancio nel 2016 l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia,con apposita delibera,comminò la sanzione disciplinare della censura, per aver eluso il tariffario professionale di pagamento ad alcuni collaboratori sul giornale La Sicilia. In quell’occasione il suo legale riferì al consiglio di disciplina che il Ciancio fosse il direttore e non l’economo che valutava i pezzi giornalistici. L’Ordine non gli credette contestandogli -coerentemente con l’esposto dei giornalisti sfruttati, che fosse notoriamente anche l’editore, quindi responsabile  dei micropagamenti ai giornalisti collaboratori -autori di una notevole attività professionale-de La Sicilia.

IL PIANTO E LO STRAZIO SENZA FINE DEI FAMILIARI CHE NON POSSONO DARE L’ULTIMO SALUTO

MORIRE SENZA IL CONFORTO DEI FAMILIARI E DEI RELIGIOSI

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un servizio giornalistico pubblicato su “Interris.it”  che , attraverso la testimonianza del sacerdote mette in chiara luce il dramma più grande per gli ammalati di coronavirus:  morire senza avere la possibilità di una parola, un saluto ai propri cari. Ricorderemo che a Bergamo il Vescovo Breschi ha riferito che, in assenza dei religiosi, sacerdoti, i battezzati possono benedire i morenti e le salme   ” Un battezzato può benedire,afferma il Vescovo. Un tempo era il padre a benedire i figli al momento dell’addio. Ora possono farlo i figli e, nelle terapie intensive,anche i medici e gli infermieri. Dico loro: ovviamente non vi imponiamo nulla; ma se intuite che una persona ha questa sensibilità, voi stessi fatevi portatori di un segno, di una benedizione, di una piccola preghiera».

Risultato immagini per IMMAGINE DEI REPARTI OSPEDALIERI

Il martirio della solitudine

Foto  “Interris.it”,Quootidiano diretto da Padre A.Buonaiuto

“Padre, mi dia una benedizione la prego e la supplico, se può salutarmi i miei due figli dicendo quanto li ho amati e che avrei tanto desiderato abbracciarli per un’ultima volta…padre, perché il Signore ha permesso tutto ciò…io sono sempre stato un suo servitore, anche se indegno, non l’ho mai abbandonato, e ora Lui, abbandona me! Pensavo di poter campare qualche altro anno, d’altronde 68 anni non sono poi così tanti. Qui ci chiamano tutti “il vecchio”, e con un numeretto…io sarei il “vecchio 87”. Ma sa padre, io non mi sono mai sentito un vecchio…non ce la faccio più a parlare”. E così in lacrime il caro Giorgio ha speso le sue ultime giornate attaccato ad un respiratore e senza poter rivedere i propri cari.

Il pianto e lo strazio dei familiari in queste giornate apocalittiche è incontenibile e solo una piccola percentuale arriva nelle case dove, se da una parte si parla del covid-19 (spesso anche a sproposito) dall’altra si limitano le immagini e le dichiarazioni più drammatiche e scioccanti. Alcuni dicono, per non fomentare il panico. Mah! Eppure la realtà e quindi la verità non le si può nascondere. Non è possibile assistere alla tragedia di un’Italia schizofrenica che piange i propri figli e di un’altra Italia che ancheggia dai balconi o, peggio, finge che il pericolo non la riguardi azzardando trasferimenti e comportamenti che seminano il contagio su tutto il territorio nazionale.

Il bisogno, anche legittimo, di leggerezza non può giustificare alcuna forma di negazionismo o di ostinazione nel voler sdrammatizzare a tutti i costi, offendendo così la memoria di migliaia di defunti e la sofferenza di decine di migliaia di ammalati. E’ stata superata la quota sbalorditiva di 50.418 positivi, a detta di tutti i virologi punta di un icesberg almeno cinque volte superiore per dimensione. La gente è stanca anche dei tanti, troppi giochi di parole e paroline (morti per covid, morti con covid ) messi in campo per dissimulare ciò che non si può nascondere: l’ecatombe in corso.

Penso che tanta gente, quella che fortunatamente sta bene, non si rende ancora conto dell’indescrivibile dolore che i familiari delle vittime, ammalate o già uccise dal Covid, stanno subendo. E’ contro natura morire senza i propri cari intorno. Questa emergenza nega persino “l’onore delle armi” che le altre patologie permette ai moribondi: passare a miglior vita senza l’onta ulteriore della solitudine finale.

Tante sono le pressioni e le difficoltà che tutti gli operatori sanitari in prima linea stanno subendo: “Padre, noi non sappiamo che farcene dell’ammirazione – mi ha detto un medico infettivologo – noi abbiamo bisogno delle attrezzature per poter lavorare, invece, al momento, le abbiamo razionate e siamo sempre sull’orlo del collasso di un sistema impreparato ad una pandemia!” E così una farmacista: “Don, la mascherina me la sono fatta con il tessuto rimediato da casa perché qui non arrivano e tanta gente si dispera e va nel panico, non faccio altro che rispondere negativamente alle richieste di mascherine e amuchina”.

Che mortificazione, un Paese del G7 che non ha da dare ai propri figli il necessario per tutelarsi. E allora ho chiesto ad un medico: “Perché non fanno i tamponi?”. La risposta è stata sconcertante: “L’ho chiesto anche per me e il collega mi ha mandato sul telefonino una faccina con le lacrime”. E ancora, “Ad una cara famiglia che seguo da tanti anni ho detto di non portare la mamma anziana in ospedale… lasciatela morire a casa, almeno non dovrà subire il martirio della solitudine”.

Ecco, questo “martirio della solitudine” mi ferisce e amareggia profondamente. La gente si sente più sola che isolata. Le persone cercano affetto e, nei momenti più difficili, l’amore è veramente tutto. Se viene a mancare si sta già condannando a morte qualcuno.

I cappellani mi dicono: “don, qui è un fronte di guerra…gli infermieri sono esasperati e anche impauriti, la gente piange ovunque e fa male sentire il grido al telefonino dei figli, dei nipoti che danno l’ultimo saluto ai propri nonni, padri e madri, magari ascoltando solo la fatica del respiro”. Mai come in queste settimane i medici mi hanno chiesto benedizioni e preghiere e mai ho visto il personale sanitario così provato e disperato.

Tanti comuni del nord non vengono neanche citati ma il dolore dilaga ovunque e il terrore affiora negli occhi di tanti. La restante parte della popolazione risparmiata finora dal coronavirus non può fingere di ignorare questo stato di lutto generalizzato e di non ascoltare il grido di aiuto dei più fragili.

Dice il Qoelet: “c’è un tempo per ogni cosa”. Vorremmo che anche i media dimostrassero toni e modalità di espressione più rispettosi e contenuti: questo non è il momento del chiacchiericcio ma del pianto per i nostri morti e dell’impegno condiviso per fermare questo mostro invisibile. Non serve il baccano anzi è un insulto alla tragedia collettiva che non sappiamo ancora quali dimensioni assumerà e quanto durerà. C’è bisogno, invece, di silenzio, rispetto, preghiera, consolazione. Abbassiamo tutti i toni, se non per buona creanza almeno per un sussulto di decenza.

Un ragazzo di quattordici anni mi ha detto in lacrime: “Don, io non posso più vedere uno schermo, non ci riesco più!” Perché Andrea, che ti succede? “La gente canta e danza, ho visto anche delle suore ballare, ma a me da quando due settimane fa è morto papà è finita la voglia di vedere e sentire chiunque. Invece quella gente mi fa inorridire: come possono scherzare in mezzo a un simile orrore? Questa non è solidarietà, questa è disumanità…ti prego don, almeno dillo te”.

Nel mio piccolo provo a dare voce alle sofferenze odierne pur sapendo che la zizzania continua incessantemente a crescere accanto al grano buono. Lo sappiamo, mentre muoiono migliaia di innocenti c’è chi litiga per questioni economiche e di potere. L’arrivo degli sciacalli è purtroppo inevitabile come quello dei corvi che già puntano la preda. Le polemiche sterili, le cattiverie sconcertanti, i formalismi criminali ( ci si preoccupa ora della privacy, mentre da un decennio i social saccheggiano i nostri dati personali e si allungano i tempi per colpa della burocrazia in assenza di dispositivi medici salva-vita ) possono avvilirci, di certo non aiutano. Però chi ancora ha un po’ di valori e magari anche un briciolo di fede può contribuire a rendere anche questo momento un tempo di crescita. Me l’ha insegnato quel sacerdote che l’altro giorno ha detto: “il mio respiratore lasciatelo a chi è più giovane di me, e ha salutato questo mondo”. E’ lo stesso martirio della misericordia che settanta anni fa, in un lager, spinse San Massimiliano Kolbe a farsi giustiziare al posto di un giovane padre di famiglia. Si ricordino dei sacerdoti morti a decine in queste settimane tra le corsie lombarde coloro che ignobilmente riescono solo ad accusare la Chiesa di restare chiusa nei suoi palazzi.     don A.Buonaiuto,sacerdote, direttore di “Interris.it”